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fair play scherma

Claudio e Mariaclotilde, due esempi di fair play made in Italy

Claudio e Mariaclotilde, due giovanissimi campioni di fair play: entrambi hanno rifiutato di vincere “grazie” a un aiuto arbitrale
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Claudio e Mariaclotilde, due esempi di fair play made in Italy

Claudio e Mariaclotilde, due giovanissimi campioni di fair play: entrambi hanno rifiutato di vincere “grazie” a un aiuto arbitrale
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Claudio e Mariaclotilde, due esempi di fair play made in Italy

Claudio e Mariaclotilde, due giovanissimi campioni di fair play: entrambi hanno rifiutato di vincere “grazie” a un aiuto arbitrale
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Claudio e Mariaclotilde, due giovanissimi campioni di fair play: entrambi hanno rifiutato di vincere “grazie” a un aiuto arbitrale
«Ci ho pensato all’inizio, ma poi non ho avuto dubbi: il rigore non c’era e ho deciso di calciarlo fuori, perché era giusto così». Ha solo 15 anni Davide Bottin, ma le idee ben chiare. Alla vittoria della sua squadra, il San Pietro Viminario di cui è anche capitano, ha preferito l’onestà. Nella partita di campionato Giovanissimi contro il Canosse Conselve, il parziale è di 1-1 quando l’arbitro assegna, per errore, un calcio di rigore alla squadra capitanata da Claudio. Il ragazzo va sul dischetto, ci pensa un attimo, e calcia volontariamente fuori. Poteva essere il gol del vantaggio per il San Pietro Viminario, invece la partita resta in parità e viene poi vinta dagli avversari per 3-1. “Tornassi indietro, lo rifarei“, dice Davide: meglio una sconfitta che una vittoria ingiusta. I suoi genitori sono separati, ma hanno mantenuto ottimi rapporti. Sono d’accordo sull’educazione da impartire a loro figlio. Come spesso scriviamo, problemi e soluzioni nascono lì, nella famiglia. E poco importano le categorie, o eventuali divorzi, se i protagonisti del futuro vengono educati in maniera coerente e seria. La nostra società non è irrecuperabile come spesso si narra. Ci sono tante belle storie a ricordarcelo. Un’altra arriva da Beauvais (Francia), dove durante la prova di Coppa del Mondo Under 20 di spada femminile, Mariaclotilde Adosini, tiratrice classe 2005 della Polisportiva Scherma Bergamo, non ha accettato una vittoria frutto di un errore arbitrale. Nella sfida contro la padrona di casa Juliette Baudinot, la 17enne ha trionfato con il risultato di 15-14. Poco dopo, una chiamata dall’organizzazione del torneo la informa che l’arbitro – sul 13-12 per la francese – aveva assegnato 2 stoccate a Mariaclotilde, invece di una. L’errore era stato notato troppo tardi per incidere sul risultato. Non per Mariaclotilde: “Nonostante potesse sembrare facile accettare la vittoria già proclamata, ho sentito che tornare in pedana, per ri-disputare quell’ultimo minuto, sarebbe stato più corretto nei confronti dell’avversaria, nel rispetto del nostro sport. Ho perso, pazienza. Lo rifarei ancora. Perché la natura di questa scelta è dovuta agli insegnamenti ricevuti dalla mia famiglia, dalla mia sala scherma e in particolare dal mio maestro Francesco – Ciccio – Calabrese”, ha dichiarato. Sia Davide che Marioclotilde hanno perso dopo aver fatto la scelta più giusta, quella realmente più sportiva. E se tornassero indietro la rifarebbero. Il pensiero va al fattaccio di La Spezia, dove qualche giorno fa un minorenne ha fracassato il carapace di una tartaruga fino ad ucciderla. Tre ragazzi praticamente coetanei, che hanno fatto scelte totalmente differenti. Ne deduciamo tre riflessioni, semplici e devastanti: a. non esistono generazioni fannullone, teppiste o choosy, esistono genitori che riescono ad educare e altri che hanno difficoltà; b. lo sport (bistrattato in Italia) va incentivato per i valori che insegna ai giovani; c. bisogna dare eco a queste storie, altrimenti la responsabilità è anche nostra. A riguardo, un’ultima nota: a divulgare l’esempio di Davide sono stati i dirigenti della squadra avversaria, convinti che la condivisione aiuti gli altri giovani in un sano percorso di crescita. Il male genera male, sosteneva Manzoni. Sarebbe meglio concentrarsi di più sull’altro lato della medaglia. Di Giovanni Palmisano

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