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Figliuolo

Figliuolo salvatutti

Il problema non è certo il generale Figliuolo, ma la necessità ciclica della nostra politica di affidarsi al taumaturgo
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Figliuolo salvatutti

Il problema non è certo il generale Figliuolo, ma la necessità ciclica della nostra politica di affidarsi al taumaturgo
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Il problema non è certo il generale Figliuolo, ma la necessità ciclica della nostra politica di affidarsi al taumaturgo
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Il problema non è certo il generale Figliuolo, ma la necessità ciclica della nostra politica di affidarsi al taumaturgo
Francesco Paolo Figliuolo è nome di altissimo profilo. Il generale – individuato dall’allora presidente del consiglio Mario Draghifu egregio nella gestione della campagna vaccinale italiana. Una delle migliori al mondo, per essere sintetici nella valutazione del lavoro dell’allora commissario straordinario. La nomina dell’alto ufficiale degli Alpini come commissario alla ricostruzione in Emilia-Romagna, Toscana e Marche – decisa ieri dal Consiglio dei Ministri – è ineccepibile dal punto di vista della professionalità, anche solo alla luce di quanto illustrato poco sopra. Probabilmente una delle migliori a disposizione, ma questo non ci impedisce di notare come ancora una volta la politica – non quella di destra o sinistra, sopra o sotto, ma la politica in quanto tale – non sia riuscita a sciogliere senza scontri, tensioni e dissidi un nodo complesso quanto si vuole, ma non irrisolvibile come l’indicazione di un commissario ai lavori necessari dopo la disastrosa alluvione del mese scorso. Dover ricorre a un militare, alla figura brillantemente individuata dal precedente governo nel pieno della baraonda dei vaccini, pur di non aprire crepe profondissime nella maggioranza di governo per motivazioni tutto sommato minori, se non direttamente risibili, è uno spettacolo poco comprensibile. Lo ripetiamo e sottolineiamo, per evitare ogni fraintendimento: il problema non è certo il generale Figliuolo, sulle cui qualità e senso dello Stato ci siamo più volte espressi negli ultimi due anni. Il tema è la necessità ciclica della nostra politica di affidarsi al taumaturgo di turno per superare le proprie impasse, le liti di sempre e gli scontri sotterranei. Con buona pace del presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini (nominato vice, ma dichiaratamente deluso e critico nei confronti del governo, intelligentemente non di Figliuolo), il mandato del generale sarà di cinque anni. Tanto per ricordare che non si può proprio parlare di un commissario all’”emergenza”: l’impegno è a lungo termine e sarà strutturalmente molto diverso dalla spettacolare campagna vaccinale, essenzialmente una grande operazione di logistica integrata al territorio. In questo caso, molto dipenderà da quantità e tempi dei fondi a disposizione, un problema dalle inevitabili ricadute politiche passato a una figura proveniente da un altro mondo. di Fulvio Giuliani

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