Vajont 60 anni dopo
Tragedia Longarone, per il geologo Tozzi: “Le catastrofi naturali non esistono. Esistono gli eventi naturali che diventano catastrofici per colpa nostra”
Sono passati trent’anni dalla tragedia del Vajont, quando il cedimento della diga sul fiume costò la vita a 2.000 persone a Longarone. Ma per certi aspetti quel disastro rimane una ferita più viva che mai, un ricordo difficile da dimenticare e non solo per chi quel 9 ottobre del 1963 perse familiari e amici. È come se l’orologio della memoria si fosse fermato alle 22.39, l’ora della frana e l’ora in cui anche il 9 ottobre del 2023 ci si ferma per un minuto di silenzio, ascoltando i rintocchi della campana di Longarone. Quell’evento non ha segnato solo il comune friulano in provincia di Pordenone, ma si è portato dietro un carico di polemiche ben rappresentate dal film Vajont di Marco Paolini, che non smette di ricordare: «Quando pensai di raccontare la storia del Vajont ero giovane e volevo restituire giustizia a chi non l’aveva avuta e anche mettermi alla prova, perché anch’io avevo memorizzato quella storia come un disastro naturale. Volevo raccontare l’ingiustizia. Dire i nomi dei colpevoli. Sessant’anni dopo del Vajont sappiamo molto di più. Giustizia è stata fatta, memoria è stata ricostruita. Ma Vajont è anche una catena di errori». Oggi è chiaro che si è trattato di una serie di responsabilità e non della mera «natura maligna». «Non è corretto parlare di natura matrigna e maligna o di responsabilità naturale. Se gli uomini non avessero deciso di inseguire il sogno del manufatto perfetto più grande del mondo, non ci sarebbe stato quel disastro. Il rischio lo hanno creato gli uomini, la natura semplicemente avrebbe seguito il suo corso», dice oggi il geologo Mario Tozzi.
Sessant’anni dopo ha ancora più senso, dunque, non smettere di parlare di quell’italico disastro, come continua a fare Paolini che porta in scena VajontS 23, una serie di 600 rappresentazioni in Italia e nel mondo, in oltre 130 teatri. «Vajont con la S al plurale, perché le situazioni di fragilità dell’Italia, fragilità idrogeologica e le nuove situazioni di siccità a cui la crisi climatica ci espongono, richiedono anche al teatro, all’arte in generale, di occupare un ruolo civile di colla sociale tra i cittadini». Tozzi, che ha deciso di partecipare al progetto con una lezione-evento, sottolinea quanto sia urgente parlare oggi di disastri naturali e delle responsabilità dell’uomo. «La tragedia di Longarone ci ha insegnato che le catastrofi naturali non esistono. Esistono gli eventi naturali che diventano catastrofici per colpa nostra – spiega il geologo – Tragedie del genere si sono verificate diverse volte nel nostro Paese, anche se non tutte con le stesse modalità e non necessariamente in presenza di nuove opere, come nel caso della diga sul fiume Vajont. Sempre, però, si era in presenza di interventi e costruzioni, inurbamento, abitazioni sorte dove non avrebbero dovuto sorgere», chiarisce Tozzi. Il pensiero corre anche ai giorni di preoccupazione e paura che si stanno vivendo ai Campi Flegrei, per i terremoti legati al bradisismo nell’area vesuviana e di Pozzuoli in particolare.
Ancora una volta la parola d’ordine sembra una sola: prevenzione. Un concetto che però stenta ad affermarsi proprio in un Paese che, come l’Italia, ha un elevato rischio idrogeologico diffuso, come ha dimostrato anche l’alluvione della scorsa primavera in Emilia Romagna. «Fare prevenzione è possibile, ma solo a patto che si faccia un passo indietro – spiega Tozzi – Significa che bisogna lasciare i territori pericolosi, occorre togliere le strutture che si trovano in luoghi non idonei perché pensare di risolvere alcune criticità con nuove opere è impossibile. Le opere non ci possono proteggere da tutto. Possono farlo solo in alcuni casi, ma l’azione migliore è levarsi di torno, fare un passo indietro, appunto. Il concetto è che lasciare più natura significa anche avere più sicurezza». Come spiegato anche da Paolini, non occorre attendere l’intervento delle istituzioni, ciascun cittadino può e dovrebbe agire nell’ambito di una «prevenzione cittadina», ma per farlo, spiega Tozzi, «occorre anche una cultura ambientale che oggi scarseggia», nonostante «I cambiamenti climatici che si stanno registrando abbiano creato ex novo alcuni rischi e ne abbiano amplificati di vecchi»
Di Eleonora Lorusso
Evidenza, il personaggio, Italia