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Unione Europea Ucraina

L’Unione Europea sostiene l’Ucraina

L’Unione Europea si dimostra unita e compatta: tutti i 27 leader europei hanno concordato un pacchetto di sostegno aggiuntivo per l’Ucraina
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L’Unione Europea sostiene l’Ucraina

L’Unione Europea si dimostra unita e compatta: tutti i 27 leader europei hanno concordato un pacchetto di sostegno aggiuntivo per l’Ucraina
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L’Unione Europea si dimostra unita e compatta: tutti i 27 leader europei hanno concordato un pacchetto di sostegno aggiuntivo per l’Ucraina
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L’Unione Europea si dimostra unita e compatta: tutti i 27 leader europei hanno concordato un pacchetto di sostegno aggiuntivo per l’Ucraina
L’inseguimento della perfezione, in politica, assomiglia parecchio a un’ideologia che – guardando indietro nella storia – non porta mai (o quasi) buoni frutti. Ieri da Bruxelles, dove si è tenuto il Consiglio europeo, abbiamo avuto la dimostrazione di come l’imperfezione, nutrita di ragionamento e di sforzi diplomatici, possa invece portare risultati concreti. Prendiamo le parole del presidente del Consiglio Ue Charles Michel per evidenziare anzitutto la notizia: «Abbiamo un accordo. Tutti i 27 leader hanno concordato un pacchetto di sostegno aggiuntivo di 50 miliardi di euro per l’Ucraina all’interno del bilancio dell’Ue. In questo modo si garantisce un finanziamento costante, a lungo termine e prevedibile per l’Ucraina. L’Ue sta assumendo la leadership e la responsabilità del sostegno all’Ucraina». Non che le preoccupazioni sul raggiungimento di un’intesa per continuare a sostenere l’Ucraina – con la Ue coesa – non ci fossero alla vigilia del Consiglio. C’erano ed erano tutte inerenti a un possibile veto dell’Ungheria di Viktor Orbán, che non c’è stato. Ed è proprio da questa buona notizia che scaturisce una riflessione necessaria per tutte le élite politiche del Vecchio Continente, a cominciare da coloro che già invocavano un’Europa non più a 27, con l’espulsione dell’Ungheria. E qui torniamo all’ideologia della perfezione. Non è che se uno non ha, nella realtà, l’Europa perfetta o dei suoi sogni, ogni volta la rimette in discussione per come si è venuta realizzando. Perché il compromesso – quando è trasparente e non tradisce gli ideali di libertà e democrazia – è una bellissima cosa. Fra l’altro, con una guerra in Europa ai confini dell’Ue, ridurre i membri dell’Unione non rappresenterebbe un segno di forza ma di enorme debolezza. Mai come oggi, con il mondo nel caos geopolitico, l’Ue deve restare compatta. Quanto all’Ungheria e alle sue intemperanze, ebbene per quelle ci sono già in azione le regole che l’Ue si è data. Intendiamoci, il successo di ieri non risolve il problema delle questioni che la Ue si trova e si troverà ad affrontare nel presente e nel futuro. Diciamo meglio.
  • Primo: non risolve il problema della mancanza di una difesa comune europea, che renda Bruxelles capace di intervenire – anche con la deterrenza e ovviamente in sinergia con gli alleati occidentali (Usa e Gran Bretagna) e con la Nato – negli scenari di crisi globali in costante aumento. Un esercito comune che adesso dovrà essere il tema in cima all’agenda Ue, da realizzare nel più breve tempo possibile e superando quegli steccati nazionali che ancora resistono fra i Paesi membri rispetto al tema della difesa. L’Ue su questo si sta già muovendo, ma ancora troppo timidamente per un’epoca che richiede velocità di intervento e concretezza.
  • Secondo: la buona notizia di ieri non risolve un altro limite che l’Ue deve scavalcare, sempre sulle questioni di politica estera. Ovvero il fatto che l’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza non può essere una figura istituzionale che parla tanto e conta poco. Si tratta di rivedere ruolo e funzioni della carica, potenziandoli e facendo in modo che gli uomini (o le donne) scelte per quel posto siano figure di altissimo profilo e di sintesi dello spirito dei Paesi Ue.
Con tutto il rispetto per Josep Borrell – o per coloro che nel ruolo di Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza lo hanno preceduto – occorre che la figura che incarna la politica estera dell’Unione europea sia un leader vero, capace di dialogare con i suoi pari nel mondo, dagli Stati Uniti al Regno Unito e via discorrendo. Badate bene, in questo caso non si tratta di utopia e neppure di perfezione ma di far politica e di mettere in campo il coraggio necessario per un’Unione europea ancora più coesa e forte nel risiko globale in cui ci è dato di vivere. di Massimiliano Lenzi

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