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La comicità italiana è salva, anche grazie a Valerio Lundini

“Ormai non si può più dire niente” si lamentano quelli ancora affezionati allo humor demenziale degli anni ’80 e ’90. In realtà si può dire di tutto. Basta farlo nel modo giusto, come fa Valerio Lundini, portavoce di una comicità surreale e spiazzante.
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La comicità italiana è salva, anche grazie a Valerio Lundini

“Ormai non si può più dire niente” si lamentano quelli ancora affezionati allo humor demenziale degli anni ’80 e ’90. In realtà si può dire di tutto. Basta farlo nel modo giusto, come fa Valerio Lundini, portavoce di una comicità surreale e spiazzante.
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La comicità italiana è salva, anche grazie a Valerio Lundini

“Ormai non si può più dire niente” si lamentano quelli ancora affezionati allo humor demenziale degli anni ’80 e ’90. In realtà si può dire di tutto. Basta farlo nel modo giusto, come fa Valerio Lundini, portavoce di una comicità surreale e spiazzante.
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“Ormai non si può più dire niente” si lamentano quelli ancora affezionati allo humor demenziale degli anni ’80 e ’90. In realtà si può dire di tutto. Basta farlo nel modo giusto, come fa Valerio Lundini, portavoce di una comicità surreale e spiazzante.
  I millennials sono stanchi della solita comicità. Per vario tempo si è attribuito il declino dei vari “Natale a….” e di programmi come Colorado al politically correct e a una sensibilità mutata verso tematiche delicate, non senza lamentele a riguardo: “Ormai non si può più dire niente” hanno protestato quelli ancora affezionati a un tipo humor vecchio stampo. In realtà, lo vediamo ogni giorno, si può dire di tutto. Basta farlo nel modo giusto, semplicemente, cambiando la narrazione.

È quanto ha fatto per esempio il fumettista Zerocalcare, che nella sua serie d’animazione Strappare lungo i bordi, dedica quattro puntate a maschi “froci”, lavoretti insulsi, bagni sporchi di piscio e incapacità di sapersi relazionare al sesso femminile. Ottanta minuti e più di comicità pura, con un finale che è un mix di riflessioni, rabbia e tristezza.

Michele Rech, nome all’anagrafe del celebre fumettista, si inserisce in quella che potremmo definire una nuova comicità romana, contemporanea e “surreale” che si manifesta ad esempio nei panni di un armadillo parlante, espressione della  coscienza del protagonista. Altro esponente di questo filone anti banalità è Valerio Lundini, comico romano che anche grazie a internet è riuscito a passare in pochi anni da essere un umorista anonimo a mezzo milione di follower su Instagram, tanto da essere stato nominato “Personaggio Televisivo dell’Anno” (2021) dalla stampa nella classifica stilata dal programma “Tv Talk”. Il successo è tale che Lundini, classe 1986, è in tournée ancora per pochi giorni con il suo spettacolo, “Il mansplaining spiegato a mia figlia”. E a riempire i teatri sono proprio le nuove generazioni che rifiutano un tipo umorismo demenziale dei primi anni duemila, che vedeva come protagonista Christian De Sica assieme a Massimo Boldi e le loro battute ormai ritenute esagerate e di cattivo gusto; i film di Carlo Vanzina e Neri Parenti, che per anni hanno riempito le sale del cinema e che sono stati per molto tempo l’unico esempio generalista di film divertenti sono in via di estinzione. Quella comicità, a tratti percepita come disturbante e offensiva, appartiene al passato.    Ma chi è Valerio Lundini e cosa contraddistingue la sua comicità?  Autore, conduttore e comico Valerio Lundini ha conquistato un pubblico enorme grazie a una qualità poco comune: spiazzare.  Il suo umorismo non sfugge a stereotipi e cliché, ma questi sono usati per costruirci sopra delle vere e proprie narrazioni. Maschilismo, sesso, Nord vs Sud, non sono tematiche che trovano il tempo di una battuta fulminea, ma diventano una storia continua, veri e propri sketch a parte. C’è un preciso metodo dietro a questo modo di fare comicità. Prima di tutto, il comico romano lancia una battuta che spiazza, fa sentire chi lo ascolta spaesato fino a quando lo spettatore inizia ad orientarsi in quella che ormai è diventata la base di una dimensione scenica a sé. Lundini ha così portato l’ascoltatore in un’altra realtà, ribaltata, con dei dogmi rovesciati ma che funzionano, coerenti nella loro narrazione. Guardare una sua performance è un continuo assistere al suo avanti e indietro dai ruoli, o forse mai fuori, forse mai dentro. È un costante dubitare e oscillare tra realtà stereotipata e stereotipo diventato realtà. A teatro con Lundini si gode non solo della sua ironia, ma anche e soprattutto della costruzione di tutto lo spettacolo, della sua capacità di inscenare nuovi mondi opposti ma richiamanti al nostro, della sua abilità nel raccontare storie.  “Non ho mai amato i personaggi cazzoni tipo Jim Carrey, preferirei morire piuttosto che fare le facce che fa lui.” ha raccontato Lundini in un’intervista su Internazionale “Far ridere per me significa prendere delle persone reali e non delle macchiette”. Ed è proprio per questo che, pur essendo stato definito comico surrealista, dopo aver assistito a una sua performance ci si chiede quanto ci sia di assurdo e di irragionevole nelle sue parole, quale sia il mondo insensato e quale quello reale, se quello descritto dal comico o quello che ci aspetta una volta usciti da teatro.   di Sara Tonini

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