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I 70 anni di Matt Groening

I 70 anni di Matt Groening (lo sfasciafamiglie)

Il genio che ha portato nelle nostre vite “I Simpson”. Una delle menti che ha prodotto un’eredità nell’intrattenimento americano e mondiale
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I 70 anni di Matt Groening (lo sfasciafamiglie)

Il genio che ha portato nelle nostre vite “I Simpson”. Una delle menti che ha prodotto un’eredità nell’intrattenimento americano e mondiale
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I 70 anni di Matt Groening (lo sfasciafamiglie)

Il genio che ha portato nelle nostre vite “I Simpson”. Una delle menti che ha prodotto un’eredità nell’intrattenimento americano e mondiale
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Il genio che ha portato nelle nostre vite “I Simpson”. Una delle menti che ha prodotto un’eredità nell’intrattenimento americano e mondiale
I visionari come lui non hanno tempo. Nelle ultime ore ci si è affrettati a ricordare i 70 anni compiuti da Matt Groening, il genio che ha portato nelle nostre vite “I Simpson”, una di quelle menti che hanno prodotto un’eredità nell’intrattenimento americano e mondiale. La sua prima opzione erano i fumetti, sotto l’influenza dei capolavori Disney. Per fortuna Groening si è dato ad altro, diventando il padre dell’animazione moderna. La sua missione è stata portare i cartoon in una nuova dimensione, con linguaggi e temi per adulti. Dev’esserci riuscito: “I Simpson” è ormai da decenni un fenomeno culturale non soltanto americano, un pezzo di cultura pop che ha influenzato una produzione inesausta di serie animate (e non solo) destinate a una platea più ampia. La prima striscia di cartoni di Groening si chiamava “Life in Hell” e risale ai primi anni Ottanta: piacque a tal punto a un produttore di Fox che nel 1987 chiese al fumettista e disegnatore di Portland (Oregon) una serie tv da inserire nel suo show. Ma lui aveva già un suo piano: la costruzione di una serie animata che andasse a frantumare l’immagine idilliaca della famiglia americana. I Simpson sono così nati per abbattere un muro: il primo episodio del format andò in onda negli Stati Uniti alla fine di dicembre del 1989 (ed esattamente due anni dopo in Italia, su Canale 5). Fox firmò un assegno da 10 milioni di dollari per la prima stagione. Partì così il racconto dissacratorio diretto a smontare tutti i paradigmi – che resistevano da decenni – dell’iconografia familiare americana (sempre felice, sorridente, idilliaca), rendendola assai più simile alla realtà di tutto il mondo occidentale: problematica, multiforme e disfunzionale. E anticipando in quest’ultimo senso di un paio d’anni il messaggio portato da “Beverly Hills 90210”. La serie è un tornado che ha rivisto codici, linguaggi, cliché che avevano accompagnato serie tv di successo, da “La famiglia Bradford” a “I Robinson”. Il tratto principale emerso dai personaggi di Groening è stata sempre la scrittura brillante, capace di creare una legacy che si è vista poi in decine di serie animate televisive, alcune con contenuti e linguaggio decisamente da adulti: “I Griffin”, poi “Futurama”, gli adolescenti metallari in “Beavis and Butt-head”, poi “American Dad!”, il distruttivo “South Park”, “Bob’s Burgers” e “King of the Hill”. Senza “I Simpson”, senza Homer e Marge, Bart, Lisa e Meggie e lo stuolo di personaggi giallognoli che hanno messo in evidenza quanto la famiglia americana presenti tratti meno edificanti, nulla di tutto questo ci sarebbe stato. Meglio per noi che sia andata così. Di Nicola Sellitti

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