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Marco Marsilio

Vince il centrodestra, dura sveglia abruzzese per le opposizioni

In Abruzzo non c’è stato l’annunciato ribaltone (annunciato dalle opposizioni) e neppure la corsa sul filo di lana. Marco Marsilio vince le Regionali

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Vince il centrodestra, dura sveglia abruzzese per le opposizioni

In Abruzzo non c’è stato l’annunciato ribaltone (annunciato dalle opposizioni) e neppure la corsa sul filo di lana. Marco Marsilio vince le Regionali

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Vince il centrodestra, dura sveglia abruzzese per le opposizioni

In Abruzzo non c’è stato l’annunciato ribaltone (annunciato dalle opposizioni) e neppure la corsa sul filo di lana. Marco Marsilio vince le Regionali

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In Abruzzo non c’è stato l’annunciato ribaltone (annunciato dalle opposizioni) e neppure la corsa sul filo di lana. Marco Marsilio vince le Regionali

Tanto tuonò… che tutto rimase come prima. In Abruzzo non c’è stato l’annunciato ribaltone (annunciato dalle opposizioni, a onor del vero) e neppure la corsa sul filo di lana. Il candidato del centrodestra – candidato che più meloniano non si poteva – il presidente uscente Marco Marsilio ha vinto con ampio margine sullo sfidante Luciano D’Amico

Il secondo “colpo”, quello che dopo la sorpresa in Sardegna avrebbe dovuto mettere in reale affanno la presidente del Consiglio e terremotare la maggioranza semplicemente non c’è stato. Peraltro, tutto è andato secondo le previsioni degli osservatori più equilibrati: al di là di un lettura per così dire “interessata”, era difficile immaginare un ribaltamento totale del trionfo fatto segnare dal centrodestra appena un anno e mezzo fa alle politiche. 

La verità è che, come ci siamo permessi di scrivere all’indomani della sorpresa sarda, poco era cambiato anche all’indomani di quel voto. Soprattutto pochissimo era cambiato e continua a cambiare negli anchilosati schemi della politica italiana: si corre per vincere le elezioni, quali esse siano: comunali, regionali, politiche, europee… ognuna vissuta come un giudizio divino, l’armageddon, l’arma finale. 

Se si vince, ovviamente, perché quando si perde nella migliore delle ipotesi la colpa è degli elettori che non hanno capito. Oltre qualche sbiadita frase di circostanza. 

Non c’è politica, non c’è programma, non c’è idea. C’è solo una forsennata corsa alla vittoria per la vittoria. Poi, che si tiri a campare. 

Tradotto: se nella maggioranza, da Giorgia Meloni a scendere, crederanno di aver risolto il problema tamponando la falla isolana in Abruzzo (e magari prossimamente in Basilicata), si sbaglieranno di grosso. Non perché abbiano perso in Sardegna o perché le faide nella maggioranza non siano note e visibili, ma perché è al governo che si gioca la vera partita. Non ogniqualvolta si aprano le urne, a qualsiasi livello. È governando, aggredendo i problemi, scegliendo il coraggio e non gli accomodamenti che si può costruire qualcosa.

Quanto all’opposizione, le ammucchiate non funzionano. Lo sapevamo già, lo abbiamo scritto in ogni modo possibile, ma sembra necessario ripeterlo ancora e ancora. Dopo questa scoppola, nel confuso universo del centrosinistra e dintorni ricominceranno a tirarsi addosso i pesci marci. È scontato, ma lo era anche prima. Si erano artificiosamente messi insieme solo per segnare un punto fine a se stesso. 

Dov’è – anche in questo caso – la politica, l’idea, la programmazione? Non c’è, non c’è da mesi o da anni e la fulminea illusione in terra sarda non può che rendere ancora più arduo raccapezzarsi dopo questa dolorosa sveglia.

di Fulvio Giuliani

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