Ucraina: l’inconcepibile silenzio dell’Occidente sulle batterie Patriot
Oggi l’Ucraina è costretta a elemosinare una protezione di cui non avrebbe mai avuto bisogno. Negarle appena 7 batterie Patriot (su 100 possedute dall’Occidente) per difendersi è davvero inconcepibile
Ucraina: l’inconcepibile silenzio dell’Occidente sulle batterie Patriot
Oggi l’Ucraina è costretta a elemosinare una protezione di cui non avrebbe mai avuto bisogno. Negarle appena 7 batterie Patriot (su 100 possedute dall’Occidente) per difendersi è davvero inconcepibile
Ucraina: l’inconcepibile silenzio dell’Occidente sulle batterie Patriot
Oggi l’Ucraina è costretta a elemosinare una protezione di cui non avrebbe mai avuto bisogno. Negarle appena 7 batterie Patriot (su 100 possedute dall’Occidente) per difendersi è davvero inconcepibile
Oggi l’Ucraina è costretta a elemosinare una protezione di cui non avrebbe mai avuto bisogno. Negarle appena 7 batterie Patriot (su 100 possedute dall’Occidente) per difendersi è davvero inconcepibile
Lutsk – «Signor presidente, voglio dirle solo una cosa: Leonid Makarovych (Kravchuk, ndr.), mi rivolgo al vostro buon senso. Non date le bombe atomiche ucraine. Teniamole per almeno ancora vent’anni, fino a quando la nostra Ucraina si sarà rafforzata». Correva l’anno 1993 quando – leggendo alcune lettere degli ucraini al loro presidente – l’allora direttore del giornale “Молодь України” (“Gioventù dell’Ucraina”, ndr.) Volodymyr Bodenchuk poneva all’attenzione di Kravchuk la questione della deterrenza nucleare. «Non è la prima volta che mi giunge questa proposta. Ne ho ricevute altre simili e proprio oggi da Leopoli mi è stato chiesto d’annunciare il nostro scudo atomico. Questi però non sono problemi che risolve il presidente. È il Parlamento ucraino a decidere e la politica attuale spinge per il nostro status non-nucleare. Le decisioni sono già state prese e se non manterremo la parola data non avremo il rispetto degli altri Paesi». Kravchuk rispose così a chi lo criticò per essersi impegnato a rinunciare all’arsenale nucleare dell’Ucraina (che all’epoca era il terzo al mondo, più grande di quelli francese, inglese e cinese messi assieme) firmando l’anno prima il Protocollo di Lisbona. Il 3 settembre siglò a Yalta gli Accordi di Massandra ma le forti critiche dell’opinione pubblica interna portarono il 4 ottobre alle dimissioni dell’allora ministro della Difesa ucraino Kostyantyn Mozorov. Il 18 novembre la Verkhovna Rada approvò una mozione che accettava la sola adesione al protocollo Start I (Strategic Arms Reduction Treaty, siglato da Urss e Usa il 31 luglio 1991) in quanto l’Ucraina era uno dei quattro fondatori e successori legali dell’ex Unione Sovietica ma intendeva rinunciare al Protocollo di Lisbona, suggerendo che Kyiv smantellasse solo il 36% dei lanciamissili e il 42% delle sue testate, chiedendo in cambio ampie compensazioni finanziarie. Ciò causò una impasse diplomatica con gli Stati Uniti, finché Kravchuk in persona spinse per mantenere gl’impegni presi col presidente americano Bill Clinton.
Alla firma degli accordi trilaterali di Mosca del 14 gennaio 1994 (siglati con Clinton ed Eltsin) seguì il 5 dicembre dello stesso anno quella del Memorandum di Budapest per mano del suo successore Kuchma. Federazione Russa, Stati Uniti e Regno Unito garantivano in tale accordo di rispettare l’indipendenza politica e la sovranità territoriale dei firmatari astenendosi dalla minaccia o dall’uso della forza e della coercizione economica contro questi Paesi, impegnandosi a chiedere un’azione immediata del Consiglio di sicurezza dell’Onu qualora uno dei firmatari fosse vittima d’un atto di aggressione in cui vengono usate armi nucleari. Nulla di tutto ciò fu rispettato e lo stesso Bill Clinton dichiarò dopo l’aggressione russa dell’Ucraina d’essersi pentito per aver spinto Kyiv a privarsi del proprio scudo atomico.
Oggi l’Ucraina è costretta a elemosinare una protezione di cui non avrebbe mai avuto bisogno. L’ultima proposta repubblicana al Congresso americano prevede addirittura che paghi per averla, indebitandosi per decine di miliardi di dollari sottoscrivendo una formula sottilmente diversa dal lend-lease (che consentì anche all’Urss di vincere la Seconda guerra mondiale, anche se questo a Mosca sembrano averlo dimenticato). I dati snocciolati in questi giorni dal think tank TopLead evidenziano tuttavia come tutti i governi ucraini succedutisi fino al 2013 abbiano finito per indebolire ulteriormente il Paese finché – rimosse le ultime scorte di uranio altamente arricchito (Heu) dal suo territorio nel 2012 – fu azzannato poco dopo dai russi. Quando riconfermò la propria indipendenza nel 1991, l’Ucraina disponeva infatti non solo dell’immenso arsenale atomico summenzionato ma anche di 6.650 carrarmati (di cui ne rimasero nel 2013 appena 1.485), 12.576 veicoli Afv (3.027 nel 2013 e di seguito fra parentesi), 2.400 sistemi di difesa aerea (435), 2.075 d’artiglieria (1.482), 531 Mlrs (390), 204 lanciamissili tattici (212), 900 aerei da guerra (126), 783 elicotteri (292), 564 grandi bombardieri (36), 550 jet d’addestramento (39), 70 cacciabombardieri (0), 35 aerei a reazione (0), 21 aerei Ew (0), 30 navi antimine (5), 26 fregate (1), 18 sottomarini (1), 16 navi da sbarco (5), 5 incrociatori (0) e 7 cacciatorpedinieri (0).
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Nei soli primi tre mesi del 2024 la Federazione Russa ha sganciato oltre 3.500 bombe sull’Ucraina: ben sedici volte di più che nei due anni di guerra precedenti. Come sottolineato recentemente da Josep Borrell, prima di parlare di ricostruzione dell’Ucraina occorrerebbe parlare di più di come evitarne la distruzione. L’Occidente ha 100 batterie Patriot (mai usate). L’Ucraina ne chiede solo 7 per difendersi. Non dargliele è davvero inconcepibile.
Di Giorgio Provinciali
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