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Fase

Fase: dalla rinascita solista al singolo “Veleno”, tra arte e contaminazioni

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Fase sulla sua carriera solista e sulle sue passioni

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Fase: dalla rinascita solista al singolo “Veleno”, tra arte e contaminazioni

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Fase sulla sua carriera solista e sulle sue passioni

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Fase: dalla rinascita solista al singolo “Veleno”, tra arte e contaminazioni

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Fase sulla sua carriera solista e sulle sue passioni

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Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Fase sulla sua carriera solista e sulle sue passioni

Nel mare magnum della musica liquida sembrerebbe cosa facile trovare qualcosa di nuovo ed interessante da ascoltare. Invece, non è propriamente così. Ogni tanto ci divertiamo a scavare per voi in questo universo in continua espansione per trovare artisti di valore, che meritano un ascolto attento. Poi starà all’ascoltatore scegliere se seguire l’artista in questione o veleggiare verso altri lidi. Quest’oggi abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Fase, nome d’arte di Valerio Urti, artista e autore torinese, in passato frontman del progetto Fase39, con diversi concerti e dj set alle spalle, in particolare per il pride di Torino. Abbiamo parlato di questo nuovo capitolo della sua carriera, del nuovo singolo “Veleno” e della sua visione artistica

Com’è nato il nuovo singolo “Veleno”?

Potrebbe sembrare che stia parlando di una storia d’amore, ma non è così. Per un artista è spesso più facile trattare le storie d’amore, poiché ci si può identificare più facilmente. Tuttavia, sto cercando attivamente di uscire dalla mia comfort zone in questa fase. Perché quando si parla di sé stessi e delle proprie esperienze, in un modo autentico e personale, è molto più genuino rispetto a sedersi e scrivere cliché. “Veleno” parla di qualsiasi relazione tossica. Quando ho scritto il brano, l’ho fatto per descrivere un’amicizia di questo tipo, una di quelle che condizionano le giornate, la vita, il modo di comportarsi e di relazionarsi con sé stessi e gli altri. A volte non ci accorgiamo della nube tossica che ci circonda e quasi ci abituiamo ad essa, come se fosse la normalità. Almeno fino a quando non decidiamo di svegliarci e iniziare a respirare di nuovo. Anche un’amicizia fraterna può rivelarsi tale solo per noi stessi. Questo vale anche nel mondo del lavoro, dove un collega o un collaboratore può influenzarci così tanto da avvelenare le nostre giornate. In qualsiasi contesto, il denominatore comune è sempre lo stesso.

Musicalmente ci sono diversi mondi che s’incontrano che racconti esser frutto anche degli ascolti fatti da piccolo grazie alla tua famiglia

Negli ultimi anni c’è stata un’ondata di revival degli anni ’80 a cui molti hanno fatto riferimento. Nel mio caso, certe sonorità mi accompagnano fin dall’infanzia, poiché i miei genitori erano grandi fan di quella musica. Dai Duran Duran ai dischi dei Queen, fino al cantautorato italiano di quegli anni, come ad esempio “In questo mondo di ladri” di Venditti. Per me è un disco straordinario, e lo ascolto ancora oggi. Queste sonorità mi sono sempre rimaste impresse nelle orecchie.

Dal videoclip emerge forte il legame che hai con Torino, con la tua città

Nel video di Veleno, uscito parallelamente, è raccontata la stessa storia del singolo per significato, ma in un’altra chiave di lettura. Hanno partecipato al video tre drag queen di Torino, delle mie amiche. Abbiamo deciso di raccontare del veleno inteso come diffidenza e giudizio nell’anno 2024: avere del pregiudizio e dei preconcetti nei confronti di persone o situazioni, qualunque esse possano essere. In questo caso l’abbiamo portato nel mondo drag. Era bello far partecipare Torino e l’abbiamo girato nei posti storici della città come Piazza Castello, piazza Vittorio etc. La cosa bella era vedere la reazione delle persone perché era tutto improvvisato: in tutto quello che vedete nel video non c’è niente di costruito, nulla. C’è stata qualche reazione un po’ tossica da parte di qualche passante, ma la maggior parte delle persone ha apprezzato.

Agli showcase di presentazione di “Veleno” hai voluto uno scultore (a Torino) e una poetessa (a Milano), come mai questa scelta?

Sono cresciuto in mezzo alla cultura artistica, dalla scultura fino alla pittura. E per me era importante poter presentare un singolo, eseguire uno dei miei brani, in situazioni che non fossero troppo caotiche ma che potessero permettere a chi veniva ad assistere allo showcase di godere non solo della musica che propongo, ma anche di quello che sta attorno alla musica. Secondo me l’arte non ha confini, è da intendersi come fosse un abbraccio totale tra tutte le sue forme.

Ma facciamo un passo indietro, come mai hai scelto di iniziare una nuova fase della tua carriera da solista?

Già nella vita di tutti i giorni dobbiamo trovare spesso un compromesso con noi stessi, quindi figurati con gli altri… Abbiamo avuto un bellissimo percorso con il vecchio progetto musicale, con numerose date anche all’estero, aprendo concerti importanti come quello dei Pinguini Tattici Nucleari. Ma durante il lockdown mi sono trovato a dialogare con me stesso: quando ti fermi inizi a pensare a dove sei arrivato, a che punto sei della tua vita. Fare i conti con sé stessi è sempre la cosa più difficile e più provante. C’erano troppe cose di cui volevo parlare, tanti argomenti, troppo personali per trovare un compromesso con gli altri amici della band.

Tra i brani di questa nuova fase c’è anche “Nena” che viene definita come una sorta di inno per le donne

Questa canzone mi è stata lasciata in dono da una serata torinese. È un modo di raccontare un qualcosa che in misura diversa riguarda tutti noi. Una sera ero in un locale e ho sentito delle ragazze che parlavano tra loro commentando in maniera poco carina una ragazza che ballava su di un tavolo. Non è stata una bella cosa. E mi sono detto che non era possibile che nel 2024 non si possa esser liberi nemmeno di fare un ballo. Ho deciso di sedermi al piano quella sera stessa a scrivere. Ne è uscita una canzone che in realtà è un inno alla libertà femminile, a poter prendere un treno e scappare, andare a un concerto o bere una birra e ballare senza che nessuno ti giudichi.

di Federico Arduini

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