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Camille Cottin

Festival di Cannes, fra novità e mostri sacri

Al via la 77esima edizione del Festival di Cannes. Quest’anno la madrina è Camille Cottin. Tutte le novità direttamente da Cannes con Federico Fumagalli

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Festival di Cannes, fra novità e mostri sacri

Al via la 77esima edizione del Festival di Cannes. Quest’anno la madrina è Camille Cottin. Tutte le novità direttamente da Cannes con Federico Fumagalli

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Al via la 77esima edizione del Festival di Cannes. Quest’anno la madrina è Camille Cottin. Tutte le novità direttamente da Cannes con Federico Fumagalli

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Al via la 77esima edizione del Festival di Cannes. Quest’anno la madrina è Camille Cottin. Tutte le novità direttamente da Cannes con Federico Fumagalli

Nell’anno dell’Olimpiade di Parigi, il Festival di Cannes – campanilista per storia e per natura – canta “La Marsigliese” già all’alba della sua edizione numero 77. Dal 2021 “Le Deuxièm Acte” di Quentin Dupieux è il quarto film di casa ad aprire la rassegna. I precedenti tre sono tutti passati (più o meno ragionevolmente) inosservati: “Annette” del genio selvaggio Leos Carax (che torna quest’anno fuori gara); “Cut! Zombi contro Zombi” del premio Oscar Michel Hazanavicius (un ritorno anche per lui, ma in gara); “Jeanne du Barry” di Maïwenn (che invece salterà questo giro). Il film del prolifico e festivaliero Dupieux (presente a Berlino con “Incredibile ma vero”, a Locarno con “Yannick” e a Venezia con “Daaaaaalì!”) porta sul tappeto rosso della Montée des Marches una manciata di divi d’Oltralpe. Louis Garrel, Vincent Lindon, Lea Seydoux si ritrovano in una bizzarra commedia in cui gli attori interpretano attori e riflettono sul mestiere di attori.

È una brava attrice la madrina di quest’anno Camille Cottin, nata nel 1978 a Boulogne-Billancourt. Di picassiana bellezza, ha avuto un successo tardivo ma dirompente dovuto soprattutto alla serie tv “Chiami il mio agente!”. È lei ad aprire le danze al Grand Théâtre Lumière e tra due sabati le chiuderà, annunciando la consegna della Palma d’oro al miglior film.

Per il momento a brillare è la Palma d’onore assegnata a Meryl Streep: nella sua venerabile carriera, in cui – fra i tantissimi meriti – ha mostrato al mondo i migliori pianti della storia del cinema (che sia in “Kramer contro Kramer” o in “La scelta di Sophie”), Streep è stata anche “La donna del tenente francese” e la leggenda della nouvelle cuisine Julia Child (“Julie & Julia”). Ma la tre volte vincitrice di Oscar (sul numero record di 21 candidature) rappresenta a tutt’oggi il lato più bello del cinema americano: da “Manhattan” di Woody Allen a “Radio America” di Robert Altman. Senza di lei Hollywood sarebbe stata più povera. Così come lo sarebbe stata senza i grandi incassi dei super blockbuster. A trascinare i botteghini estivi ci prova “Furiosa: A Mad Max Saga”, atteso prequel targato Warner Bros e diretto dall’australiano George Miller (nelle sale italiane dal 23 maggio). Se il regista è sempre lo stesso da “Interceptor” – capitolo d’esordio nel 1979 – oggi al posto di Mel Gibson e Charlize Theron ci sono le giovani star Anya Taylor-Joy e Chris Hemsworth. La sostanza è la solita: si corre e si spara nel bel mezzo di inospitali deserti, in mondi violenti e distopici.

Il film di Miller debutta oggi al Festival con il reciproco obiettivo di darsi un carburante potente per il rispettivo avviamento e concedersi una copertura mediatica totale. Quella cui non ambiscono i primi due titoli del concorso, passati ieri durante la prima giornata di gara: il francese “Diamant Brut” dell’esordiente Agate Riedinger e il danese (in bianco e nero) “The Girl with the Needle” di Magnus Von Horn. Tema comune il rapporto mamme-figlie: nel primo caso si tratta di un’adolescente inquieta all’epoca dei reality show; nel secondo, di una neonata in povertà estrema a Copenaghen nel primo Dopoguerra.

Di Federico Fumagalli

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