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Il codice Morse compie 180 anni

L’invenzione che rivoluzionò per sempre il mondo delle telecomunicazioni compie 180 anni: il racconto della sua storia e i suoi bivi

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Il codice Morse compie 180 anni

L’invenzione che rivoluzionò per sempre il mondo delle telecomunicazioni compie 180 anni: il racconto della sua storia e i suoi bivi

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Il codice Morse compie 180 anni

L’invenzione che rivoluzionò per sempre il mondo delle telecomunicazioni compie 180 anni: il racconto della sua storia e i suoi bivi

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L’invenzione che rivoluzionò per sempre il mondo delle telecomunicazioni compie 180 anni: il racconto della sua storia e i suoi bivi

Nel 1832 una nave, partita dall’Europa, sta percorrendo l’ultimo tratto di un viaggio con destinazione finale l’America. A bordo c’è uno scienziato di nome Charles Thomas Jackson che si è recato nel Vecchio Continente per portare avanti le proprie ricerche sull’elettromagnetismo. Accanto a lui siede un pittore che ha trascorso gli ultimi due anni in Italia per studiare i maestri del Rinascimento: il suo nome è Samuel Morse.

Seppur provenienti da ambienti opposti, i due chiacchierano amabilmente e scoprono di avere qualcosa in comune. Anche perché Morse, pur essendo un artista, è sempre stato attratto dalla scienza. In particolare dall’elettricità, al punto che quando era studente all’Università di Yale aveva anche iniziato ad approfondire questa sua passione. In più per lui non è un buon momento: la sua carriera di pittore stenta a decollare e le sole due opere realizzate degne di nota sono “L’Ercole morente” e un ritratto del marchese La Fayette.

Le idee di Jackson lo affascinano e, una volta tornato a casa, gli forniscono un’intuizione: tentare di sviluppare un sistema di comunicazione in grado di perfezionare i primi rudimentali modelli di telegrafo, allora basati sulle scoperte di André M. Ampère. Inizia così una serie di esperimenti che portano alla realizzazione di alcuni primi prototipi. Uno di questi viene presentato nel corso di un evento a Yale e attira l’attenzione di un inventore di nome Alfred Vail, che offre a Morse la propria collaborazione. Vail è un macchinista col pallino della tecnologia, ma è anche il figlio del fondatore della Speedwell Ironworks, una delle più innovative ferriere dell’epoca. I due si mettono in società, proseguono nei loro studi e – grazie alla perizia tecnica di Vail – riescono a realizzare sia un apparecchio telegrafico elettrico (prodotto negli stabilimenti della stessa Speedwell) sia un codice di trasmissione basato su punti e linee, abbozzato da Morse e poi perfezionato dal suo socio.

Entrambi comprendono di avere fra le mani l’invenzione del secolo, qualcosa in grado di rivoluzionare il mondo delle telecomunicazioni. Fanno così richiesta al governo affinché approvi una legge che consenta la costruzione di una linea telegrafica lunga 60 chilometri, da Washington a Baltimora, per rendere operativa la loro creazione. Ci riescono e, dopo alcune sperimentazioni, il 24 maggio 1844 diffondono il primo messaggio telegrafico. Una frase semplice: “What Hath God Wrought!» (Cosa Dio ha creato!), citazione biblica scelta da Morse come omaggio al padre, un pastore battista.

È l’inizio di un successo senza precedenti che non conoscerà rivali sino all’arrivo del telefono. Il codice Morse diventa così lo standard per le comunicazioni a livello mondiale, con l’ex pittore che ne trae denaro e fama. Un prezzo che paga però con la separazione da Vail, colui che molti ritengono il vero motore di quella rivoluzione tecnologica e che finirà per essere messo da parte. Lascerà definitivamente la società nel 1848, scrivendo nelle sue dimissioni: «Ho deciso di abbandonare l’azienda da quando non ha più bisogno di me».

Anche Morse avrà i suoi grattacapi. Trascorrerà anni coinvolto in vari litigi con altri Paesi e con diversi scienziati per ottenere il brevetto sul proprio sistema, che gli verrà concesso soltanto nel 1854. Lui e Vail non si rivolgeranno mai più la parola, per il resto della vita. Forse entrambi consapevoli che questa storia avrebbe meritato un finale diverso.

di Stefano Faina e Silvio Napolitano

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