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autonomia differenziata

Polemiche indifferenziate

C’è uno scollamento oggettivo fra l’attenzione ossessiva e la carica polemica dedicata dalla politica al tema dell’autonomia differenziata

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Polemiche indifferenziate

C’è uno scollamento oggettivo fra l’attenzione ossessiva e la carica polemica dedicata dalla politica al tema dell’autonomia differenziata

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Polemiche indifferenziate

C’è uno scollamento oggettivo fra l’attenzione ossessiva e la carica polemica dedicata dalla politica al tema dell’autonomia differenziata

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C’è uno scollamento oggettivo fra l’attenzione ossessiva e la carica polemica dedicata dalla politica al tema dell’autonomia differenziata

C’è uno scollamento oggettivo fra l’attenzione ossessiva e la carica polemica dedicata dalla politica al tema dell’autonomia differenziata e l’attenzione della pubblica opinione. Nel corso dell’estate quante volte vi è capitato di ascoltare in spiaggia, al bar, durante una passeggiata in montagna un’appassionata discussione sul tema? Al più qualche battuta tranchant o innocui sfottò fra meridionali e settentrionali. Una versione 2.0 di un confronto eterno, mai approdato al livello che meriterebbe un’evoluzione apparentemente così radicale della nostra struttura amministrativa.

Ma è poi rivoluzionario come si promette (o si paventa, a seconda delle posizioni politiche)? La sensazione è che la gran parte dei cittadini abbia colto la pretestuosità delle polemiche. Sia che arrivino dagli oppositori senza se e senza ma dell’autonomia – che insistono sulla fine dell’unità nazionale, sulla riduzione in miseria e in schiavitù finanziaria del Sud – sia dei tifosi più accesi della legge approvata in Parlamento, che non ha sancito alcun passaggio automatico al federalismo. 

In fiduciosa attesa della definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni (i mitologici Lep) da garantire costituzionalmente su tutto il territorio nazionale, restano nove materie sulle quali le Regioni che vorranno potranno avviare una trattativa con il governo, per poi sottoporla al voto del Parlamento. Ecco le materie: rapporti internazionali e con l’Ue, commercio con l’estero, professioni, Protezione civile, previdenza complementare e integrativa, coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, casse di risparmio, enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale, organizzazione della giustizia di pace.

Non serve un professore di diritto costituzionale per comprendere che né queste materie né la loro somma hanno la capacità di impattare in modo decisivo sulla vita dei cittadini. Al Nord come al Sud. 

I grandi sponsor dell’autonomia differenziata hanno molte ragioni a invocare un’evoluzione in termini di responsabilità del Sud. È fuori discussione che l’assistenzialismo e il trasferimento di fondi dal centro alla periferia abbiano generato disastri ma è pur vero che senza un’evoluzione sociale resta velleitario pensare che il varo dell’autonomia in quanto tale possa trasformare per magia il rapporto fra elettori e amministratori. 

Come possiamo mai pensare di gestirlo rinfacciandoci la voglia di ‘spaccare l’Italia’ o quella di campare sulle spalle del Nord? Anche la Chiesa, con la Conferenza episcopale italiana, è entrata a gamba tesa. I toni scelti e le immagini evocate portano a radicalizzare le posizioni, a discutere esclusivamente di quel residuo fiscale che secondo i detrattori verrebbe sottratto al Sud per destinarlo alle aree più ricche del Paese.

Occorre spiegare, illustrare, dimostrare. Slogan e frasi fatte non bastano, perché finiscono per annullarsi in altrettante parole d’ordine uguali e contrarie

di Fulvio Giuliani

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