Agrigento, souvenir e mafia: una questione di buon senso
Il sindaco di Agrigento Francesco Miccichè ha deciso di vietare la vendita di souvenir inneggianti la mafia e i mafiosi
Agrigento, souvenir e mafia: una questione di buon senso
Il sindaco di Agrigento Francesco Miccichè ha deciso di vietare la vendita di souvenir inneggianti la mafia e i mafiosi
Agrigento, souvenir e mafia: una questione di buon senso
Il sindaco di Agrigento Francesco Miccichè ha deciso di vietare la vendita di souvenir inneggianti la mafia e i mafiosi
Il sindaco di Agrigento Francesco Miccichè ha deciso di vietare la vendita di souvenir inneggianti la mafia e i mafiosi
Dove non arriva il buonsenso (e il buongusto) arriva la legge: è quello che avrà pensato il sindaco di Agrigento Francesco Miccichè che ha deciso di vietare la vendita di souvenir inneggianti la mafia e i mafiosi. Come si legge nell’ordinanza, tali oggetti mortificherebbero «la comunità agrigentina, da anni impegnata nella diffusione della cultura della legalità». Ed è vero. Già nel 2019 l’allora direttore del Parco archeologico della Valle dei Templi, Giuseppe Parello, aveva invitato i commercianti di souvenir a eliminare ogni oggetto inneggiante la mafia. L’anno scorso era invece toccato alla Regione Sicilia arginare quest’ondata di rozzezza, vietando il commercio sui traghetti di gadget come t-shirt con il volto di Marlon Brando ne “Il Padrino”. Film meraviglioso, decisamente meno l’abbigliamento che ne consegue.
Ma torniamo a oggi: nel giro di poche ore le raffigurazioni dello stereotipo del siciliano con coppola e lupara – con tanto di scritta “u mafiusu” – sono scomparse dalle vetrine della centralissima via Atenea. Per gli altri ostinati il sindaco ha promesso controlli a tappeto e, nel peggiore dei casi, multe. Eppure l’esistenza di questi discutibili souvenir è data dal loro successo, soprattutto fra i turisti affascinati dalla narrativa romanzata delle organizzazioni criminali. Ma allora perché non cappellini con il volto di Falcone e Borsellino? La verità è che si tratta di kitsch che umilia un Paese intero e di cui non sentiremo alcuna mancanza.
di Raffaela Mercurio
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