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L’Europa dei responsabili

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Il progetto è concreto: l’obiettivo è la sicurezza dell’Ucraina e di riflesso dell’intera Europa. Si punta sulla “strategia del porcospino”

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L’Europa dei responsabili

Il progetto è concreto: l’obiettivo è la sicurezza dell’Ucraina e di riflesso dell’intera Europa. Si punta sulla “strategia del porcospino”

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L’Europa dei responsabili

Il progetto è concreto: l’obiettivo è la sicurezza dell’Ucraina e di riflesso dell’intera Europa. Si punta sulla “strategia del porcospino”

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L’Italia ha riserve sull’iniziativa promossa al Vertice di Parigi: è cauta su forze europee in Ucraina – incluse quelle più arretrate di ‘rassicurazione’, limitate ad aree sensibili – e persegue l’idea di coinvolgere gli Stati Uniti, che rimane la più grande potenza militare. Anche la presidente della Commissione Ue von der Leyen asseconda il ruolo dell’Italia nel recuperare gli Usa di Trump dall’attuale deriva antieuropea. La posizione potrebbe aver ragion d’essere dopo la risposta piccata di Trump all’ultima sfrontata proposta di Putin di mettere l’Ucraina intera sotto protettorato Onu per indire nuove elezioni.

Tuttavia è presto per pensare a un deciso riavvicinamento degli Usa all’Europa: Trump ha ieri inaugurato ufficialmente la guerra dei dazi e insiste nelle offese agli europei «parassiti» e nelle minacce alla Danimarca (membro Nato) per le pretese sulla Groenlandia.

È allora ragionevole riconsiderare l’iniziativa franco-britannica alla luce degli scenari in divenire. Sui profili più generali l’Italia non può abusare dei soliti pregiudizi antifrancesi e antibritannici, accusando Macron e Starmer di protagonismo o di perseguire primati o interessi nazionali. Se c’è questa preoccupazione si chiariscano le posizioni nei tavoli di concertazione previsti da accordi specifici, come il Trattato del Quirinale firmato a Roma il 26 novembre 2021, che l’Italia ha dimenticato nel cassetto.

Occorre invece guardare alla concretezza e alla lungimiranza del progetto complessivo che si sta maturando. Con l’arretramento degli Stati Uniti di Trump rispetto all’idea comune di Occidente, l’Europa mira a «uscire dallo stato di inferiorità geopolitica» (la formula è di Macron) e finalmente a emanciparsi e progredire nel passaggio a un’età adulta: la prospettiva dovrebbe interessare anche chi ha sempre sostenuto l’idea di liberarsi dall’‘imperialismo’ americano.

È bene considerare chi era presente a Parigi: tutti i Paesi dell’Unione Europea tranne Ungheria, Slovacchia, Austria e Malta (assenze dopo tutto alquanto irrilevanti) e importanti Paesi Nato non aderenti all’Ue come Regno Unito, Norvegia, Canada e Turchia, oltre all’Australia in rappresentanza del lontano Pacifico. Grandi assenti gli Stati Uniti: è il «segno lampante della fine di un’epoca» ha sottolineato l’emittente radiofonica “France Inter”.

È prematuro parlare di una nuova alleanza senza Washington o di una Nato europea: più corretto il richiamo al «pilastro europeo» della Nato, concetto elaborato dalla stessa dottrina dell’Alleanza. È la risposta del gruppo dei ‘volenterosi’ – primi fra tutti Francia e Regno Unito, potenze nucleari che siedono nel Consiglio di sicurezza dell’Onu e hanno eserciti moderni e capaci di proiezione – che ha organizzato una coalizione dopo l’umiliazione di Zelensky alla Casa Bianca e quelle seguite contro gli europei.

Non va trascurato il ruolo della Germania (che con il nuovo leader Friedrich Merz persegue un programma deciso di riarmo) così come di Polonia e Finlandia, Danimarca e Paesi Baltici: tutti Stati che si sentono direttamente minacciati dalla guerra ibrida che Putin ha già lanciato da anni nei loro Paesi.

Il progetto è concreto: l’obiettivo è la sicurezza dell’Ucraina e di riflesso dell’intera Europa. Si punta sulla “strategia del porcospino” (sul modello di Israele e di Taiwan): un esercito ucraino tecnologicamente avanzato, con missili Taurus, Mistral, Bogdana, milioni di droni autoprodotti, carri armati Amx, uno scudo strategico tridimensionale, forte di 900mila soldati, di cui 400mila combattenti con esperienza sul campo. L’idea è di fare dell’esercito di Kiev l’avanguardia ai confini che può rappresentare una garanzia anche per l’Europa.

Quanto alla ‘forza di rassicurazione’, Francia e Regno Unito sono pronti a mettere in campo presidi di dissuasione con batterie contraeree Patriot e strumenti di intelligence nelle aree più sensibili (come il porto di Odesa, l’aeroporto di Leopoli e i margini del fiume Dnepr). La prospettiva è convincere Putin a fermarsi e attuare realmente il cessate il fuoco. Poi si potrà pensare a una ‘fascia di sicurezza’ con il monitoraggio della linea del fronte affidato a un meccanismo ad hoc, definito preferibilmente in ambito Onu: sarà opportuno coinvolgere anche Paesi come la Cina o l’India, con la legittimazione di una risoluzione delle Nazioni Unite.

Visti gli scenari indeterminati, il progetto è comunque flessibile. L’Italia è però di fronte a una scelta di campo, anche per il dibattito sul piano Readiness 2030: o rimane in retroguardia (al seguito degli Stati Uniti, che al momento ragionano secondo la logica del più forte e della guerra dei dazi) oppure partecipa alla nuova leadership. La scelta va fatta su un’Europa responsabile che punta su tre strategie strettamente legate e da perseguire di fronte alla deriva dei nuovi imperi: deterrenza, multilateralismo e diritto internazionale.

di Maurizio Delli Santi, Membro dell’International Law Association

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