Trump, Musk e la “guerra dei Roses”
Alla fine gli stracci sono volati. Il “divorzio” fra Donald Trump ed Elon Musk è andato in scena sui social e il Wall Street Journal non ha esitato a definirlo “nasty”, “sgradevole”

Trump, Musk e la “guerra dei Roses”
Alla fine gli stracci sono volati. Il “divorzio” fra Donald Trump ed Elon Musk è andato in scena sui social e il Wall Street Journal non ha esitato a definirlo “nasty”, “sgradevole”
Trump, Musk e la “guerra dei Roses”
Alla fine gli stracci sono volati. Il “divorzio” fra Donald Trump ed Elon Musk è andato in scena sui social e il Wall Street Journal non ha esitato a definirlo “nasty”, “sgradevole”
Alla fine gli stracci sono volati. Non alla Casa Bianca, nello Studio Ovale, dove Donald Trump ed Elon Musk si erano presentati a inizio settimana in conferenza stampa. Scambiandosi complimenti reciproci e promettendo che la collaborazione non sarebbe terminata. Il “divorzio” è andato in scena sui social e il Wall Street Journal non esita a definirlo nasty, “sgradevole”. È sempre il quotidiano newyorkese a parlare di “ex alleati”, ora protagonisti di una “guerra dei Roses”. Due personalità dall’ego tale da non lasciar sperare in un matrimonio di lunga data. Tanto per proseguire con la similitudine riportata anche dal giornale finanziario americano.
Una separazione che ormai è più simile a un addio definitivo. Dal momento che la ventilata telefonata per ricucire, a cui aveva fatto riferimento lo staff del Presidente americano, non c’è stata per tutta la giornata di ieri. E a quanto pare non ci sarà neppure nelle prossime ore. Dal momento che The Donald stesso ha fatto sapere alla CNN che parlare con il patron di Tesla “non è nei suoi pensieri”.
Ma lo scontro tra il presidente americano e l’ormai ex responsabile del DOGE (il Department of Government Efficiency) può creare non pochi problemi. Sia all’uno che all’altro. Ieri Tesla ha registrato un calo del 14,3%, perdendo circa 150 miliardi di dollari in capitalizzazione. Ma anche l’immagine di Trump rischia di risentire dopo le accuse per nulla velate di Musk di un coinvolgimento del Presidente nello scandalo Epstein.
Come se non bastasse e come nel migliore (o peggiore) degli scenari di una crisi matrimoniale, sono arrivate le minacce vere e proprie. Ossia la revoca dei contratti governativi ad aziende che fanno capo a Musk. A partire da SpaceX. O di sussidi federali come nel caso delle auto elettriche (leggasi Tesla). Proprio dal patron di quest’ultima non si è fatta attendere la contro-minaccia. Mettere fuori servizio la navicella Dragon, usata per le missioni spaziali statunitensi per portare in orbita gli astronauti americani e rifornire la Stazione spaziale internazionale.
Un durissimo colpo, se dovesse mai accadere, dal momento che SpaceX è l’unica compagnia in America a poter garantire questi servizi, a meno di non ricorrere a un aiuto russo. Ipotesi difficilmente percorribile, dal momento che Trump, dopo una prima fase di riavvicinamento al Cremlino e al suo leader Putin, sembra averne preso le distanze. Ma il condizionale è d’obbligo.
Si moltiplicano nel frattempo le reazioni, tra i cittadini americani sconcertati, i media che non perdono occasione per commentare l’affaire e ipotizzare scenari futuri, e gli esponenti democratici (e repubblicani) che preparano le contromosse. Nel primo caso, come spiega Axios, sarebbe già partita la richiesta al dipartimento di Giustizia e all’Fbi di una verifica delle affermazioni di Elon Musk sul fatto che il nome di Trump sia nei dossier sul caso Epstein. Nel secondo ci sarebbe una spaccatura all’interno dei Repubblicani, a causa del One Beautiful Big Bill, il piano straordinario di taglio alle tasse approvato lo scorso 22 maggio.
Tra i due contendenti della “faida”, come è chiamata ormai in America la battaglia Trump-Musk, proprio quest’ultimo ha lanciato un’altra “bomba”, dopo quella relativa ad Epstein con l’idea di un “nuovo partito politico in America che rappresenti effettivamente l’80% della popolazione di mezzo”, come scritto su X. Al sondaggio hanno risposto in poche ore in 260mila followers, si sono detti favorevoli all’84%.
Occorrerà dunque attendere un eventuale nuovo capitolo della “saga”, a meno di ripensamenti, perché ormai Trump ha abituato non solo gli americani e gli europei, ma anche russi e cinesi a fughe in avanti (come nel caso dei dazi) e dietrofront più o meno improvvisi, da cui il soprannome di TACO, affibbiatogli da un giornalista del Financial Times e acronimo di Trump always chickens out, “Trump fa sempre marcia indietro”.
di Eleonora Lorusso
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