«A Bucha non c’erano morti perché i cadaveri si muovevano», ha scritto “War on Fakes”, canale su Telegram pro Cremlino. «A Bucha i morti c’erano ma sono stati messi dopo la ritirata delle truppe russe», ha dichiarato il Ministero della Difesa russo, per poi aggiungere: «A Bucha i morti c’erano, ma erano stati uccisi di recente». «A Bucha i morti c’erano, ma sono stati uccisi dagli ucraini», ha spiegato invece il giornalista della “Komsomolskaya Pravda” Alexander Kotz, le cui parole sono state subito riprese e fatte proprie dal solito Ministero della Difesa russo.
Alcune di queste ipotesi sono sovrapponibili tra di loro: i morti sono apparsi dopo la ritirata delle truppe russe perché uccisi dopo dagli ucraini. Altre no: se i morti c’erano, non erano attori. Tutto ciò è stato variamente smentito da testimonianze dirette e altri racconti: in particolare dai video satellitari (secondo cui i cadaveri c’erano da prima) e dagli inviati sul posto, che hanno attestato come a giudicare dall’aspetto e dalla puzza i cadaveri siano rimasti evidentemente esposti a lungo.
Ma allora come mai, piuttosto che rispondere alle accuse con una tesi univoca, il regime di Putin ha buttato tutto in caciara, sostenendo di volta in volta tesi differenti? Si tratta di una precisa strategia collaudata, che risale all’epoca sovietica. Lo spiega bene “Bugie di guerra, la disinformazione russa dall’Unione Sovietica all’Ucraina”, il libro di Francesco Bigazzi, Dario Fertilio e Luigi Sergio Germani in libreria da giovedì prossimo per Paesi Edizioni. Germani ricorda in particolare quando il 17 luglio 2014 il volo MH17 Amsterdam-Kuala Lumpur della Malaysia Airlines venne abbattuto nei cieli dell’Ucraina orientale da un missile dei separatisti del Donbass, facendo 298 morti. Piuttosto che diffondere una verità alternativa sola, anche allora il Cremlino ne sparse in quantità: l’aereo era stato in realtà abbattuto dalla Nato perché scambiato per quello privato di Putin; da caccia ucraini su ordine Usa; da caccia Usa; da un missile israeliano Python; da una bomba collocata bordo. Non si dimenticò neppure di sostenere che sull’aereo in volo in realtà vi fossero soltanto cadaveri.
Senior fellow presso l’Institute of Global Affairs della London School of Economics, Peter Pomerantsev spiegò che «quando i media legati al Cremlino sparsero numerose narrazioni assurde sull’abbattimento dell’aereo MH17, il loro scopo principale non era tanto quello di convincere il pubblico di destinazione a credere a una particolare versione degli eventi, quanto di confonderlo e renderlo paranoico e passivo, per farlo vivere in una realtà virtuale controllata dal Cremlino che non poteva essere più messa in discussione da un appello alla ‘verità’». Ecco perché, aggiunge Germani, «la disinformazione russa oggi mira non tanto a persuadere il pubblico di destinazione a credere a una tesi precisa, ma piuttosto punta a creare confusione cognitiva, a mettere in dubbio le narrazioni occidentali, a relativizzare e screditare il concetto di “verità” facendo passare l’idea che esistano “molteplici verità” e che tutta l’informazione è manipolata, da qualunque parte essa provenga».
di Maurizio Stefanini
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