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Cornershop, da gruppo di quartiere a divi politicizzati del sitar rock

La storia della band indiana Cornershop che grazie al fondatore Tijnder Singh, è diventata importante per avere unito la musica indiana con il brit-pop.
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Cornershop, da gruppo di quartiere a divi politicizzati del sitar rock

La storia della band indiana Cornershop che grazie al fondatore Tijnder Singh, è diventata importante per avere unito la musica indiana con il brit-pop.
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Cornershop, da gruppo di quartiere a divi politicizzati del sitar rock

La storia della band indiana Cornershop che grazie al fondatore Tijnder Singh, è diventata importante per avere unito la musica indiana con il brit-pop.
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La storia della band indiana Cornershop che grazie al fondatore Tijnder Singh, è diventata importante per avere unito la musica indiana con il brit-pop.
Tijnder Singh è un giovane indiano cresciuto per errore a Wolverhampton e rimasto sempre un membro della comunità indiana locale: «Ho cercato di parlare il dialetto degli inglesi, ma ero ridicolo». Così, fin dal liceo, per suonare ha cercato altri indiani, e fin dal 1991 ha fondato i Cornershop: un nome scelto per il fatto che moltissimi indiani, pakistani e bengalesi vivono in Inghilterra gestendo un minuscolo negozietto di quartiere, di solito piazzato all’angolo tra due strade. L’idea è sempre stata quella di unire la musica indiana con il brit-pop, un tentativo analogo a quello operato dai Kula Shaker. Tijnder ha ottenuto il primo contratto mentre lavorava a Leicester come barman e suonava con i suoi amici nello stesso bar, una volta a settimana, in parte canzoni proprie e in parte cover. Morrissey lo ha ascoltato, i due sono diventati amici, l’ex cantante degli Smiths l’ha invitato a prendere parte a una campagna di artisti contro il razzismo, facendo così emergere il nome dei Cornershop a livello nazionale. Anche se la band vende poco, Tijnder ha stretto amicizie significative e quando arriva a conoscere David Byrne dei Talking Heads, quest’ultimo trova loro un contratto importante. Ne nasce (nel 1997) il disco “Brimful of Asha”, che molti conoscono come “45”, una sorta di “Norwegian wood” in lingua del Punjab che diventa una hit mondiale. Nell’album successivo, alla chitarra, suona nientemeno che Noel Gallagher degli Oasis. Da allora la band ha avuto successo soprattutto in Asia, ma in Europa resta un punto di riferimento per la generazione che ha amato il brit-pop, ed è per questo che i Cornershop suonano ancora come apertura di gruppi importanti come i Blur, i Manic Street Preachers, i Placebo o altri giganti dell’ultimo quarto di secolo. Dopo essersi impegnati duramente contro la Brexit, oggi la band è in India, dove combatte a fianco del popolo Singh del Punjab, cui il governo di New Delhi ha disconosciuto lo statuto speciale che era stato loro promesso dal Mahatma Gandhi. E ancora oggi, anche se ormai vanno tutti per i sessanta, una volta al mese suonano gratis nel vecchio pub di Leicester in cui avevano iniziato oltre trent’anni anni fa.   di Paolo Fusi

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