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Oncologo Ghia: “Terapie biologiche orali per Llc più tollerate ed efficaci di chemio”

Dicembre 23, 2022

Roma, 23 dic. (Adnkronos Salute) – “Il trattamento della leucemia linfatica cronica (Llc), ha avuto uno sviluppo enorme negli ultimi 10. Siamo passati progressivamente da un trattamento sostanzialmente immunochemioterapico, cioè di controllo della malattia, a delle terapie biologiche orali, molto meglio tollerate della chemioterapia e che permettono un controllo della malattia per tempi estremamente prolungati. Abbiamo infatti dimostrato quest’anno che, i pazienti anziani in trattamento arrivano ad avere una aspettativa di vita sovrapponibile a quello della popolazione normale”. Così Paolo Ghia, professore di Oncologia medica, Università Vita-Salute San Raffaele, commentando i risultati dello studio Glow presentati al recente congresso annuale dell’American Society of Hematology (Ash) 2022. 

“La Leucemia linfatica cronica – continua Ghia – è la più comune forma di leucemia nel mondo occidentale, fra gli adulti. Colpisce prevalentemente maschi rispetto alle femmine”, in età anziana. “La diagnosi avviene tipicamente intorno ai 72 anni e il trattamento poi avviene in anni ancora più avanzati. Il problema di questa leucemia è che”, data l’età d’insorgenza, “il paziente spesso presenta altre malattie, assume altri farmaci e il trattamento è quindi più complicato per il contesto”. Le terapie possono essere “date in maniera continua per tutta la vita, come le pastiglia per la pressione o per diabete”, spiega lo specialista, oppure, “nella forma più innovativa”, i farmaci si assumono “in combinazione, a durata fissa, per uno o due anni a seconda della combinazione e a seconda dello stato della malattia”. 

Lo studio Glow di fase 3 è “estremamente innovativo – osserva Ghia – perché paragona la tradizionale immunochemioterapia – clorambucile più obinutuzumab (anticorpo monoclonale anti-Cd20) – trattamento standard per i pazienti anziani, con la nuova combinazione di molecole, non più chemioterapiche, ma farmaci biologici”. Si tratta di “un inibitore di BtK (ibrutinib) e un inibitore di Bcl2 (venetoclax) – aggiunge – che hanno rivoluzionato, singolarmente, il trattamento della Llc, negli ultimi anni. I due farmaci sono combinati. Si dà inizialmente per 3 mesi solo ibrutinib, per diminuire la quantità di malattia, e poi si inserisce il venetoclax per 12 mesi – quindi la combinazione è per un anno – per raggiungere risposte molto profonde”.

La combinazione orale di farmaci biologici è stata approvata in Europa dall’Agenzia del farmaco (Ema) “grazie ai risultati di questo studio – ricorda Ghia – realizzato in 211 pazienti anziani che sono stati trattati con immuochemioterapia o con terapia chemio free, cioè senza chemioterapia, dimostrando che la combinazione dei 2 farmaci è molto più efficace con risposte che si mantengono estremamente elevate anche a distanza di 3,5 anni, il follow up in questo studio. Inoltre – continua – 3/4 dei pazienti non sono progrediti e mantengono una risposta a distanza di 3 anni e mezzo”.  

Questa combinazione, inoltre, “è in grado di dare quella che chiamiamo ‘malattia minima residua’, o meglio, ‘malattia residua non più misurabile’, cioè non rilevabile nemmeno dalle tecnologie più avanzate – illustra lo specialista – Questo non significa che i pazienti siano guariti, ma significa che le risposte sono molo profonde, cosa che, è stato dimostrato, è associata a una risposta molto più prolungata nel tempo. Tale situazione – precisa Ghia – si verifica con questa combinazione con il 90% dei pazienti, soprattutto in quelli geneticamente più favoriti, che mantengono una risposta più prolungata, anche oltre i 2 anni”.  

Ci sono poi delle differenze. “I pazienti che raggiungono più facilmente una risposta non più detectabile – che di solito hanno i geni di immunoglobuline non mutate – la perdono altrettanto rapidamente, rispetto ai pazienti con immunoglobuline mutate – sottolinea l’oncologo – Alla fine, entrambe le categorie dei pazienti però hanno un vantaggio, mantenendo la risposta per molti anni: solo un paziente su 10 perde la risposta profonda, la cosiddetta non più rilevabile”. Questo ha implicazioni “enormi” sul piano clinico e sulla qualità della vita dei pazienti. La combinazione, “che ha avuto l’approvazione dell’Ema, e che non è ancora rimborsabile in Italia – conclude Ghia – è infatti approvata in Europa non solo per il paziente anziano, ma anche per il giovane – grazie all’altro studio, il Captivate – che ha dimostrato un’efficacia prolungata” anche nei pazienti con meno di 60 anni.

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