Fine settimana di inizio estate, lungomare di Forte dei Marmi. Il passeggio, i personaggi più pittoreschi e tante, tante bici. Un grande ritorno di fiamma, quello degli italiani per le due ruote: la bicicletta è inclusiva come nessun altro mezzo di trasporto.
La amano i bambini, con o senza rotelle. Sognando magari di cavalcare un leggendario destriero, i più piccoli iniziano ad assaporare l’ebbrezza della libertà e ad affrontare i primi veri dolori della vita. Con lei impari a rialzarti dopo ogni caduta, senza grandi storie. Un evergreen per le ‘sciure’, in città e in villeggiatura: vecchiotta, in stile olandese, con il cestino e le borse ricolme di acquisti.
La usano i rider per le consegne a domicilio, i più veloci ed esperti di tutti, diventati simbolo della pandemia durante il lockdown e forse anche dell’economia che non si vuol fermare. C’è chi sceglie una fat bike munita di casse per la musica, con questa il pavé e le rotaie del tram sono un gioco da ragazzi.
Ancora, la utilizzano per allenarsi gli sportivi e gli amanti del fitness: agili bici dalle ruote sottili e telaio ultra leggero. Con tutine fluo, casco da corsa e borraccia d’ordinanza, appena si avvicina la primavera cominciano ad organizzare il giro della domenica. Partenza alla buon’ora e obbligatoria pausa caffè. Si sa, loro incarnano la più grande seccatura per gli automobilisti.
Non la abbandoneranno mai i nonni d’Italia, che non hanno mai smesso di pedalare dai tempi del secondo dopoguerra. Un’epoca mitica, immortalata da capolavori assoluti del cinema come “Ladri di biciclette”, in cui la bici accompagnò il Paese verso il boom prima di essere abbandonata per la Vespa e le automobili. Infine, la mia generazione: studenti squattrinati, appassionati di vintage, attenti ambientalisti e fan della circular economy. Spesso con una bici sgangherata (così non la rubano) oppure direttamente tramite bike sharing, che è figo, comodo, economico e fa pure felice Greta Thunberg.
La bici è vivace, genderless e transgenerazionale. Storia, stile, passione, fatica. Un intramontabile classico sempre al passo con i tempi. E chissà se in questa seconda giovinezza ci aiuterà a tornare a correre. Come allora, quando sapemmo trasformare l’Italia in una potenza economica, partendo da un cumulo di macerie.
di Sara Boni Sforza
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