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Anche Alberto Moravia, già ammiratore di Castro, dopo aver visitato l’isola confessò che quel regime ricordava in maniera impressionante il fascismo

«Patria o muerte» è lo slogan del regime comunista cubano contro cui un gruppo di rapper ha lanciato la canzone “Patria y vida”. Non evoca quel «¡Viva la muerte!» franchista contro cui Miguel de Unamuno lanciò la sua famosa sfida? «Estudio trabajo fusil» è il motto dei Giovani comunisti di Cuba. Non è la traduzione quasi letterale del «Libro e moschetto» dei Balilla? «La Storia mi assolverà», disse Fidel Castro il 16 ottobre 1953 al processo per il fallito assalto al Moncada. Non è una perifrasi di quel che aveva detto Hitler ai giudici dopo il fallito putsch di Monaco?

Alla crisi del regime cubano, un riflesso condizionato dei filo-castristi nostrani risponde con l’antifascismo. Dal premio che il 3 luglio l’Anpi di Osimo ha dato all’ambasciatore cubano in Italia alla ‘spaghettata antifascista’ con cui il 26 luglio l’Anpi dell’Aquila ha raccolto fondi per Cuba, passando per la mostra del 2-18luglio in Val Susa in memoria di Gino Donè, un partigiano italiano combattente con Fidel. Più importante di quest’ultimo, però, nella storia del filo-castrismo italiano è stato Piero Vivarelli: famoso regista di genere con film come “Il dio serpente”, paroliere di canzoni come “24mila baci” o“Il tuo bacio è come un rock”, unico italiano a ricevere direttamente da Fidel Castro la tessera del Partito comunista di Cuba ma anche ex-combattente non pentito della Rsi nella X Mas, da lui rievocata in un documentario. Alberto Moravia, già ammiratore di Fidel, dopo aver visitato l’isola aveva confessato che quel regime gli ricordava in maniera impressionante il fascismo: dal«Estudio trabajo fusil» ai discorsi del leader alla piazza. Quel che a Moravia faceva provare un brivido, per Vivarelli era invece motivo di attrazione.

Dall’evento in cui il 7 giugno 2004 CasaPound di Forlì celebrò Fidel e il Che alla lettera di Franco Cardini in morte di Fidel– “Quando noi fascisti eretici incontrammo Castro nel 1956” – la destra radicale italiana ha sempre mostrato una certa fascinazione per queste assonanze. Il castrismo, però, come dna non è comunismo doc. Lo stesso folklore del Movimento 26 Luglio –dal rosso e nero invece del rosso fino all’uso di «compañeros» piuttosto che del comunista «camaradas» – testimonia una storia che faceva ufficialmente riferimento al radicalismo democratico. L’adozione del modello sovietico fu successiva alla presa del potere, e peraltro nel nuovo Partito comunista molti dei militanti dell’altro Partito comunista pre-castrista furono emarginati, se non repressi. Secondo tutte le testimonianze, però, nel collegio dei Gesuiti in cui studiò tra 1951 e 1945 Fidel era praticamente l’unico studente a simpatizzare per l’Asse e non per gli Alleati. Un certo imprinting ducesco gli è sempre rimasto e lo ha trasmesso al regime, accanto a tratti invece di derivazione sovietica e altri ancora che rispondono semplicemente agli stilemi del classico caudillismo latino-americano.

di Maurizio Stefanini

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