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Giustiziandosi

Il Partito democratico perde nuovamente l’occasione di chiudere con un pezzo orribile e giustizialista della storia della sinistra italiana.

Non è credibile che il problema siano le bizze di Giuseppe Conte, in cerca di ruolo politico e partitico, né che tutto si risolva negli equilibri interni al gruppo che ebbe più voti di tutti, raccolti contro ogni governo per poi cercare di restare in ogni governo.

Attorno alla giustizia si gioca una partita più profonda, di cui i politicanti sono solo la propaggine ultima e meno significativa. Fosse una questione solo politica orizzontarsi sarebbe facile: la mediazione c’è già stata ed è stata votata all’unanimità dal Consiglio dei ministri, che ha anche autorizzato a porre la questione di fiducia. Il che ci sta, perché la missione del governo consiste nell’incassare e utilizzare bene i fondi europei e questo della giustizia ne è una tessera irrinunciabile.

Se dovesse cadere, cadrebbe il governo e la missione che ha da compiere. Ergo è coerente porre la fiducia. Che la mediazione ci sia già stata, del resto, lo dimostra la comparsa di un concetto anomalo, quello dell’improcedibilità, che è tale perché incoerente con il resto del nostro ordinamento e lo fa divenire un incrocio fra la prescrizione del reato e la prescrizione del procedimento.

Istituti che giungono alla medesima conclusione, ovvero interdire la barbarica ipotesi del processo eterno ma, appunto, dentro sistemi coerenti, quale il nostro cesserebbe di essere. Non lo sa il ministro Cartabia, non lo sanno al Quirinale? Lo sanno benissimo, ma sanno anche che il partito di maggioranza relativa s’era intestato l’inciviltà barbarica e si doveva uscirne tutti assieme. Amen.

Solo una notazione: si ricordino di ribadire che in assenza di condanna vale la presunzione d’innocenza, il che è ovvio ovunque, anche dove esiste l’improcedibilità, ma risulterebbe meno ovvio in un quadro bastardo. Contro questo modo di salvar capra e cavoli non è che si sia posto Conte, avverso un Grillo nei panni del saggio moderato. Contro s’è messa una falange della magistratura, che aveva preso a essere un potere, svellendo i cardini costituzionali che esplicitamente lo escludevano. Ora ha paura di perdere potere e immunità, il che spiega il dar fuori di matto dei suoi cantori.

Ed è questa la ragione per cui il Partito democratico perde nuovamente l’occasione di chiudere con un pezzo orribile e giustizialista della storia della sinistra italiana, che anche in questo provò a essere come la peggiore destra: dovrebbe rompere con una parte di sé. Pertanto preferisce far sponda con gli esterni peggiori di sé.

Ma queste sono anche le ragioni per cui il governo può mediare ma non può mollare: cedere ai contropoteri interni alle istituzioni – per giunta consegnando soldi, che finirebbero mal spesi, a chi ha ottenuto i risultati peggiori – significherebbe somigliare a
quel che si è stati chiamati a sostituire.

Non si può far tutti contenti e siamo pronti a prenderci la nostra parte di scontentezza, ma provare ad accontentare chi rappresenta questa roba significa mettersi in una condizione di pericolosa debolezza su tutte le altre riforme necessarie. Sarebbe un giustiziarsi. Mancano pochi giorni all’inizio del semestre bianco ma cambierà poco, tanto le urne non convenivano più a nessuno. È in questi giorni, però, che sarà bene chiarire che il caos porterebbe male a chi pensa di generarlo.

di Davide Giacalone

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