Ha fatto bene Nicola Zingaretti a usare il termine «terrorismo», riferendosi all’attacco informatico che ha paralizzato, fra l’altro, il sistema di prenotazione e raccolta dati sui vaccini della regione dove ha sede la Capitale d’Italia. In quale altro modo, infatti, si potrebbe definire un gesto dissennato e potenzialmente omicida che attenta alla sicurezza nazionale in un periodo di crisi e che comporterà – direttamente o indirettamente – possibili perdite di vite umane, ritardi nei soccorsi, nelle terapie e nella programmazione dei vaccini, ulteriori falle nella sequenza dei tracciamenti, limitazioni agli spostamenti, danni all’economia e tutta la triste e ben nota litania degli eventi e delle conseguenze connesse a ogni rallentamento della lotta contro il Covid? È terrorismo, punto. Peggiore di tanti altri gesti, ugualmente esecrabili nella matrice e nelle finalità ma sicuramente più contenuti sugli effetti che hanno determinato.
Auspicando che chi indaga giunga presto a conclusioni idonee ad assicurare alla giustizia i responsabili e a irrogare loro la pena esemplare che meritano, anche in questo caso, però, vanno fatte due considerazioni all’origine del problema che ha armato la tastiera dell’hacker.
La prima: la tecnologia informatica regola oramai i processi umani in ogni loro aspetto. Inutile discutere se questo sia un bene o un male se non si è prima posto in sicurezza il sistema che la governa con investimenti strutturali sulla informatizzazione sicura degli archivi e delle banche dati che regolano il dialogo fra i vari settori della Pubblica amministrazione. Sul punto, il ritardo accumulato è grave e va colmato il prima possibile.
La seconda: i timori e i distinguo sui temi scientifici che legittimano le urla di chiunque si senta di dover propinare la propria verità letta sul web contro il rigore della scienza e della tecnica, creano un clima di arrogante ignoranza all’interno del quale non può stupire che covi la genesi di un evento terroristico per il quale, magari, qualcuno starà anche festeggiando. E su questo l’indulgenza, che è cosa ben diversa da un’oculata tolleranza, è forse troppa.
Se non si vuole nascondere la testa sotto la sabbia dell’indifferenza, occorre dunque garantire sin dagli investimenti nelle infrastrutture la progettazione e la realizzazione di un imponente e sicuro sistema digitale, la cui efficienza non significa attentare alle libertà degli individui ma semmai garantirle, nel rispetto della privacy sostanziale e senza abusare di quella formale.
di Giovanni Lazzara
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