Conta il giocatore non solo il gioco
È dalla metà degli anni Ottanta che i videogiochi sono sotto accusa per essere un motore di comportamenti antisociali ma è dal 20 aprile 1999 che questo fenomeno arriva agli onori delle cronache.
Conta il giocatore non solo il gioco
È dalla metà degli anni Ottanta che i videogiochi sono sotto accusa per essere un motore di comportamenti antisociali ma è dal 20 aprile 1999 che questo fenomeno arriva agli onori delle cronache.
Conta il giocatore non solo il gioco
È dalla metà degli anni Ottanta che i videogiochi sono sotto accusa per essere un motore di comportamenti antisociali ma è dal 20 aprile 1999 che questo fenomeno arriva agli onori delle cronache.
È dalla metà degli anni Ottanta che i videogiochi sono sotto accusa per essere un motore di comportamenti antisociali ma è dal 20 aprile 1999 che questo fenomeno arriva agli onori delle cronache.
Il massacro della Columbine High School fu una strage: Eric Harris e Dylan Klebold aprirono il fuoco su numerosi compagni di scuola e insegnanti. In seguito all’accaduto si venne a sapere che Harris, tre anni prima della follia, aveva avviato un sito per ospitare alcuni livelli del videogioco “Doom”. Facciamo uno più uno: un tizio è fan di “Doom”, apre un sito per caricarne le mappe, spara a un sacco di gente e fa una strage.
Di chi è la colpa?
Quello di cui trattiamo oggi è un tema meno impattante dal punto di vista emotivo ma sicuramente più permeante dal punto di vista sociale, visto che tutti quelli che hanno dei figli sanno che i videogame possono essere costosi. E non poco. Arriva infatti dal Galles – riportata da “The Sun” – la notizia che Muhammed, medico 41 enne, si è visto sottrarre 1.289,70 sterline dal conto da parte di Apple per non essersi accorto di avere 29 e-mail con ricevute di pagamento riconducibili al videogioco mobile “Dragons, l’ascesa di Berk”. Era insomma accaduto che il figlio Ashaz avesse speso qualcosa come 1.500 euro per fare ancora più belli i propri draghi. Anche stavolta facciamo uno più uno: un bambino ha un dispositivo in mano e compra dei prodotti elettronici, Apple non rimborsa il proprietario della carta di credito perché gli acquisti sono stati effettivamente portati a termine e il papà è costretto a vendere l’auto per rientrare della spesa del figlio. Di chi è la colpa?Non penso sia una questione di colpa ma semmai di responsabilità.
Se nel caso di Harris è folle colpevolizzare un videogame dell’accaduto (un videogioco può catalizzare quello che sei ma non ti trasforma in quello che non sei), nel caso di Muhammed la responsabilità è da attribuire alla mancanza d’interesse di un genitore troppo superficiale nelle sue concessioni. Questi ha dichiarato che non avrebbe mai pensato che sarebbe stato possibile spendere così tanti soldi per un gioco per bambini, il che è comprensibile. Lasciare un dispositivo in mano a un bambino con una carta di credito attiva e senza alcuna forma di controllo è invece un gesto irresponsabile. Un bambino di 7 anni ha 7 anni, Apple non è responsabile delle spese di un adulto a cui è associata una carta di credito mentre il buon Muhammed è responsabile per entrambe le cose. di Rudy BandieraLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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Tag: adolescenti, genitori
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