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Il Rock non fa più paura a nessuno e non va per niente bene

Il genere che interpretò sonni e inquietudini si alimentava anche della paura generata intorno a sé. Oggi non è più così

Il Rock non fa più paura a nessuno e non va per niente bene

Il genere che interpretò sonni e inquietudini si alimentava anche della paura generata intorno a sé. Oggi non è più così

Il Rock non fa più paura a nessuno e non va per niente bene

Il genere che interpretò sonni e inquietudini si alimentava anche della paura generata intorno a sé. Oggi non è più così
Il genere che interpretò sonni e inquietudini si alimentava anche della paura generata intorno a sé. Oggi non è più così
L’epoca d’oro del rock, 15 anni o poco meno a cavallo dei ‘60 e ‘70, ha lasciato tracce indelebili nella storia della musica, ma anche del costume. In queste righe, non ci addentreremo nelle vicende strettamente musicali di una golden age probabilmente irripetibile, figlia di un’epoca così ricca di repentini cambiamenti da non poter essere replicata in alcun modo. Vogliamo esplorare un aspetto diverso di quella cavalcata trionfale, che fu la musica della Grande Contestazione: fra i tanti generi assurti a popolarità globale in quegli anni ruggenti, nessuno come il rock interpretò inquietudini, ansie, chimere di una generazione. In parte anche bruciata, conviene non dimenticarlo mai. Proprio anche per questo, il rock ‘60 e ‘70 faceva paura. Letteralmente. Disturbava menti e cuori della cultura dominante (oggi la chiameremmo mainstream, all’epoca era semplicemente l’unica considerata tale), dava scacco matto ai benpensanti e soprattutto era vista come fumo negli occhi da chi deteneva le leve del potere. Perché quel rock non cercava punti di comunione o di dialogo con il mondo di prima, mirava a negarlo. A sovvertirlo dalle fondamenta, non riconoscendolo. Lo superava di un balzo, urlando sentimenti che fino a pochi anni prima sarebbero stati catalogati come ‘disturbati’. Il rock da allora non è morto, grazie al cielo. Si è evoluto in varie forme, continuando a descrivere mondi alternativi, talvolta sognati, sempre più spesso sulle onde di una palese nostalgia per l’epoca in cui si pensò sul serio di fare la rivoluzione. Il risultato, particolarmente clamoroso in Italia, è un rock che non fa più paura a nessuno. Energetico, per carità, carico di simboli, riconoscibile erede di ciò che fu. Tutto quello che si vuole, ma tranquillizzante. Neanche uno straccio di interrogazione parlamentare, sulla corruzione del costume giovanile. Non è certo colpa dei Måneskin, gruppo di talento genuino, carisma e simpatia. Oggi come oggi, sono il simbolo del rock italiano, hanno sfondato all’estero e potrebbero regalarci grandissime soddisfazioni, ma chi può aver paura di loro? Vasco Rossi ha messo su famiglia e piace dichiaratamente anche alle mamme. Il Liga ha persino tagliato i capelli da un po’… La presunta ribellione si esprimerebbe attraverso Rap e Trap, ma spesso è solo una stanca recita di sponda. I vecchi leoni, da Bruce Springsteen a Mick Jagger ruggiscono ancora e li adoriamo perdutamente, ma non possiamo chieder loro di fermare il tempo e soprattutto di aver coraggio al posto dei giovani. di Diego de la Vega

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