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Johnny Depp, ultima vittima di un’Hollywood spietata

Il suo caso arricchisce l’elenco dei pregiudizi e delle discriminazioni nei confronti di grandi attori.

Johnny Depp, ultima vittima di un’Hollywood spietata

Il suo caso arricchisce l’elenco dei pregiudizi e delle discriminazioni nei confronti di grandi attori.

Johnny Depp, ultima vittima di un’Hollywood spietata

Il suo caso arricchisce l’elenco dei pregiudizi e delle discriminazioni nei confronti di grandi attori.

Il suo caso arricchisce l’elenco dei pregiudizi e delle discriminazioni nei confronti di grandi attori.

Hollywood fabbrica dei sogni. E degli incubi. La macchina tritacarne del grande schermo fa un’altra vittima illustre, riproponendo un copione che affonda nella notte dei tempi. A farne le spese è Johnny Depp: bello, maledetto, una vita un po’ borderline, ora in disgrazia, alle prese con una guerra antipatica e difficile contro l’ex moglie Amber Heard che lo accusa di umiliazioni continue, violenze fisiche e psicologiche, abuso di droghe e alcol. La difesa dell’attore appare piuttosto sterile: «Sono io la vittima» dichiara. Fatto sta che Hollywood non aspetta il corso della giustizia. E lo licenzia. «Mi hanno chiesto di dimettermi dalla Warner Bros» annuncia Depp, che denuncia anche come il suo nuovo film “Minamata” (una biografia del grande fotografo di guerra Eugene Smith) non uscirà negli Stati Uniti. Hollywood è così: retaggio di illusioni artistiche e pronta a colpire inesorabilmente soprattutto quando un attore non ha più il successo di un tempo. O quando, per abitudine consolidata, esercita il potere di controllo e di discriminazione sui suoi attori. Una lista lunga che affonda nella notte dei tempi. Il caso Kevin Spacey è il più eclatante per la statura del personaggio e per la pesantezza delle accuse di molestie che gli sono state mosse. I produttori se ne infischiano se ha vinto l’Oscar per “I soliti sospetti” e “American Beauty”. Per lui, Hollywood è off limits. Il cammino della redenzione Spacey lo ha incominciato partendo dall’Italia. A Torino ha interpretato “L’uomo che disegnò Dio” diretto da Franco Nero che di lui dice: «Kevin è un grande. Si riprenderà». Abitudini sessuali di attori e attrici sono il detonatore delle chiacchiere da periodici di gossip. Kate Winslet, la splendida Rose di “Titanic”, lancia – meglio, rilancia – il grido d’allarme: «Hollywood discrimina gli omosessuali. Per i giovani attori gay ci sono pregiudizi ed emarginazione omofobica». Rupert Everett ha fatto coming out e gli hanno chiuso le porte in faccia. «Gli etero possono interpretare ruoli gay, un omosessuale non ha altrettanto successo interpretando ruoli etero». L’America puritana – di facciata – non perdona. Sembra addirittura che il grande amore tra Spencer Tracy e Katherine Hepburn fosse solo amicizia. Secondo lo sceneggiatore Larry Kramer, i due erano entrambi omosessuali e furono accoppiati dalla casa di produzione per essere accettati dalla middle class americana. Senza contare le discriminazioni razziali. Jada Pinkett, moglie di Will Smith, non va per il sottile. Nel 2016 ha disertato con il marito la Notte degli Oscar: «In questa serata di gala le persone di colore sono sempre le benvenute per consegnare i premi, raramente per risultati artistici». Amber Riley, la celebre Mercedes Jones di “Glee”, rincara la dose: «Dopo il caso Floyd è tempo che finisca il silenzio dei neri nell’industria dell’intrattenimento e che passi il tempo delle microaggressioni che si incontrano sul set». di Fabio Santini    

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