Pagare le tasse rompe le scatole? Sì. Molto. Ma pagare le tasse in un Paese libero, democratico e civile è il cardine di un patto sociale, di una comunità che si dà regole reciproche e mutua assistenza. Un patto che con l’evasione fiscale salta. Per questo è sacrosanta la campagna contro gli evasori annunciata dal governo Draghi e legata al Recovery, ovvero alla manna di danari che arriverà dall’Europa (se rispetteremo i patti). Il calcolo dell’esecutivo è questo: ridurre di almeno un 15%, entro il 2024, l’evasione in Italia. Come? Anzitutto prevedendo «incentivi mirati ai consumatori» e una spinta al digitale per portare a 2,3 milioni le dichiarazioni Iva precompilate entro giugno 2023 e a un +40%, entro l’anno successivo, le ‘lettere di conformità’. Saranno poi previste «sanzioni amministrative effettive» contro gli esercenti che rifiuteranno i pagamenti col Pos. Perché il contante ha il suo fascino e non va abolito (ogni fideismo in democrazia ha i suoi limiti) ma se uno va a mangiare in una trattoria non si capisce perché debba pagare alla carlona e non con tanto di ricevuta (o fattura) fiscale. Questa, tra le rivoluzioni che si propone il governo, è forse la più difficile da realizzare ma certamente la più utile a renderci un Paese libero. Non usiamo la parola onesto, perché non di moralismo si tratta bensì di libertà. In uno Stato democratico le tasse devono essere giuste, ma perché questo sia possibile è necessario che tutti le paghino in proporzione ai loro profitti. Quanto al resto, è demagogia.   di Jean Valjean