Ci sono voluti sei giorni, un morto, due denunce per violenza sessuale e svariati ricoveri ma alla fine sono stati sgomberati quasi tutti i partecipanti al rave party iniziato prima di Ferragosto vicino al lago di Mezzano, nel Viterbese. Una vicenda che ha dell’incredibile, soprattutto per quanto si è protratta, a dispetto di tutte le norme anti Covid. È dovuto intervenire, seppur tardivamente, il ministro Lamorgese per dare disposizioni sull’impiego delle forze dell’ordine, visto che il questore di Viterbo aveva definito lo sgombero «impossibile». Impossibile a suo dire perché i partecipanti erano troppi e troppo estesa l’area in cui erano sparpagliati.
Si voleva evitare lo scontro, e così quelle migliaia di persone sono rimaste a fare una cosa che non potevano fare per quasi una settimana. Nonostante già nelle prime ore un ragazzo di 24 anni fosse stato trovato morto proprio lì. Dei circa diecimila partecipanti ne sono stati identificati soltanto 2mila, il che vuol dire che gli altri o se ne sono andati quando hanno capito che prima o poi qualcuno sarebbe intervenuto, oppure sono sfuggiti all’identificazione da parte delle forze dell’ordine. Eppure c’erano tir, camper e roulotte, molto di più di un accampamento improvvisato con qualche tenda. «La situazione è fuori controllo» aveva detto l’assessore alla Sanità del Lazio D’Amato. Ci sono voluti sei giorni per fare arrivare 20 blindati della polizia e liberare la zona. In barba alle leggi e pure a qualsiasi disposizione sanitaria contro il Covid.
di Annalisa Grandi
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