Giovanni Malagò ha rifiutato. Anzi, no. Forza Italia ieri ha fatto sapere in una nota che Silvio Berlusconi non gli avrebbe mai proposto la guida del partito. Prendiamo per buona la sua smentita ma resta il tema della crisi politica di FI.
Premesso che Malagò ha in sé, dopo i successi sportivi alle Olimpiadi, il fascino del vincente che piace al Cavaliere, l’afasia forzista sta nel non riuscire più a dire qualcosa di liberale. Le recenti interviste dei suoi ministri sono sul fatto che una legge per l’obbligo di vaccino non è un tabù (in pratica la stessa posizione del leader Cgil Maurizio Landini), sulla riforma del fisco il “meno tasse per tutti” è una teca, nella crisi internazionale il protagonismo è di Mario Draghi (e lo capiamo), per il resto mutismo o quasi.
Lo spirito del 1994 si è dissolto. D’accordo, Lucio Colletti (purtroppo) non c’è più, Antonio Martino si è defilato ma battete un colpo. Vi è poi il tema del centrodestra e non vi nascondiamo che quando abbiamo letto la smentita di Berlusconi abbiamo tirato un sospiro di sollievo (non per Malagò). In passato il presidente del Coni è stato protagonista di uno scontro sulla riforma dello sport con il leghista Giancarlo Giorgetti.
Ora, se l’alleanza tra Lega e FI è ancora salda (come dicono), forse Malagò non sarebbe stato la scelta più carina verso gli alleati. Ammesso che il centrodestra esista ancora. A noi i suoi tre leader – Berlusconi, Meloni e Salvini – non sono mai parsi distanti come oggi. Colpa del caldo? Comunque, l’afa sta finendo.
di Jean Valjean
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