Mario Draghi non ci vada in Calabria. Non si faccia convincere dagli appelli e dall’eterna apparizione del politico di governo in un luogo di emergenza, come se il politico fosse una Madonna da processione o un Santo patrono portatore di redenzione. Il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, ieri ha lanciato un appello all’attuale presidente del Consiglio: «Mario Draghi venga in Calabria a Ferragosto a verificare lo stato disastroso in cui versa il territorio vessato dagli incendi».
Ebbene, il premier (il direttore Giacalone, che non ama questa definizione, ci perdoni) deve dire no. E in Calabria, nei luoghi degli incendi, anziché andar lui deve mandare i carabinieri. Per capire come si sono accesi i fuochi, se ci sono responsabilità umane e se sì, quali. Quanto agli aiuti alle popolazioni colpite, il governo deve farsene carico – è ovvio – perché nessuno, in questo sforzo che l’Italia sta facendo per rinascere dopo un anno e mezzo di pandemia, deve essere lasciato indietro.
Ma la passeggiata nei luoghi arsi d’agosto, quella no. Draghi non la faccia. E i politici, anche i suoi oppositori più tenaci, non insistano troppo nel chiedergliela. Perché non è così che si uscirà da un’Italia che non ci piace: quella che ogni estate va in fiamme creando dolori, vittime e una marea di pianti. Perché è con gli atti politici, i provvedimenti, le scelte coraggiose e controcorrente che si cambia – in meglio – il nostro Paese. Badate bene, questo non è cinismo. Si chiama fare politica.
di Jean Valjean
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