Requiem per il juke-box
Le playlist musicali sono il sottofondo della quotidianità e hanno il fine di rassicurare. Specchio di una società che, tra le tante corse, ha paura di rischiare. Sembrano così lontani i tempi del juke-box, così imprevedibile e pericoloso ma di sicuro più intimo.
Requiem per il juke-box
Le playlist musicali sono il sottofondo della quotidianità e hanno il fine di rassicurare. Specchio di una società che, tra le tante corse, ha paura di rischiare. Sembrano così lontani i tempi del juke-box, così imprevedibile e pericoloso ma di sicuro più intimo.
Requiem per il juke-box
Le playlist musicali sono il sottofondo della quotidianità e hanno il fine di rassicurare. Specchio di una società che, tra le tante corse, ha paura di rischiare. Sembrano così lontani i tempi del juke-box, così imprevedibile e pericoloso ma di sicuro più intimo.
Le playlist musicali sono il sottofondo della quotidianità e hanno il fine di rassicurare. Specchio di una società che, tra le tante corse, ha paura di rischiare. Sembrano così lontani i tempi del juke-box, così imprevedibile e pericoloso ma di sicuro più intimo.
In una playlist ci può entrare tutta una vita e il suono che viviamo in estate è dettato da playlist: pianificato, controllato, levigato. In tv, in radio, nei lidi, nei centri commerciali. Non deve scalfire, preoccupare, far sussultare. È un camminare senza sbalzi né tensioni. Rassicurare è la parola d’ordine. Ecco perché esistono le playlist: per rassicurare.
Il juke-box era invece un pericolo pubblico: massima incertezza, suspense lacerante, la canzone che irrompeva svolazzando fra il brusio della spiaggia, le urla dei bambini, figlia di un rito decisionale fatto di trepidante attesa e un morso di paura. Qualcuno inseriva la moneta e schiacciava due tasti separati. Era il momento in cui l’intera spiaggia tratteneva il sospiro e sperava. Ciascuno aveva una canzone del cuore. Il juke-box parlava alla tua intimità. La playlist è altro: un servizio pubblico, veloce, un tappeto sonoro per agevolarti e non metterti il pensiero di pensare.
C’è qualcuno che ha scelto per te e lo ha fatto con equilibrio nel senso che quel cargo di pessimi brani scivolerà liscio, senza farti male, con il beneficio davvero grande della prevedibilità. Ma la playlist non è solo una lista di brani musicali. È un approccio alla vita. Stessa cosa avviene nella difficile arte delle ‘scelte serali’. Come il cibo, per esempio. Meglio non rischiare.
Qualcuno sostiene che si arriverà all’abolizione immobiliare delle cucine. Nessuno cucina più perché è un’arte piena di incertezze, che ha nel poco tempo a disposizione il suo più grande nemico. Meglio sentirsi sicuri. Il cibo ti viene portato da fuori, è il servizio bellezza, è l’abolizione dell’‘aver pensieri per la sera’ con anche lì una meravigliosa playlist gastronomica a disposizione. Qualcuno ha scelto per te. Cibi pieni d’equilibrio, che non ti stravolgeranno ma, al contrario, incastreranno alla perfezione il tuo aperitivo, l’hamburger e il filmettino serale.
Eppoi i genitori. Giovani, spaventati, guerrieri, con la loro playlist di ‘cose belle ed educative’ (sempre per esser sicuri di esser bravi genitori), da presentare ai propri figli ogni inizio anno: basket, musica, catamarano, lingua inglese, tecnica di cucito lappone e manipolazione degli esplosivi… Attività che il figlio farà sempre e bene avendo in mente un solo scopo: dimenticarle prima possibile (in fondo, è questo dimenticare il senso della sua estate). Che dire? Nulla è peggiorato, nulla è migliorato.
Il buon Umberto Eco, nel suo “Vertigine della lista”, sosteneva che fare delle liste è un po’ nel nostro dna, come la figura retorica dell’enumerazione, come le scalette nei discorsi o nelle strutture dei romanzi. La qualità la fa la qualità. Ci sono liste bloccate, finite, fatte male. Ma hanno l’estro del coraggio. Le playlist di oggi rassicurano. C’è troppa paura in giro. Forse è bene così. Meglio la prevedibilità. Anche se quel juke box così incerto, così pericoloso, così intimo, mi piaceva un po’ di più.
di McGraffio
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