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Riaprendo

La scuola riapre in presenza, ma con l’obbligo del Green Pass per gli insegnanti. E questa volta non è uno slogan.

Riaprendo

La scuola riapre in presenza, ma con l’obbligo del Green Pass per gli insegnanti. E questa volta non è uno slogan.

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La scuola riapre in presenza, ma con l’obbligo del Green Pass per gli insegnanti. E questa volta non è uno slogan.
La scuola riapre in presenza, ma con l’obbligo del Green Pass per gli insegnanti. E questa volta non è uno slogan.
Lo voleva Draghi, lo chiedevano un po’ tutti, lo aveva ripetuto il ministro dell’Istruzione Bianchi: «La scuola tornerà a essere in presenza». E la risposta a chi sospettava si trattasse solo di slogan è arrivata con l’atteso provvedimento che chiarisce in che modo si ripartirà nel nuovo anno scolastico. A cominciare dal personale scolastico, che dal 1 settembre potrà lavorare solo esibendo il Green Pass. Molto più di un invito a vaccinarsi, perché gli insegnanti che non lo faranno dopo cinque giorni di quella che verrà considerata assenza ‘ingiustificata’ si ritroveranno con una sospensione del rapporto di lavoro e pure dello stipendio. Misura più convincente non si poteva trovare per dare una spinta a coloro che ancora non hanno fatto il vaccino, anche se qui la situazione è più confusa di quel che sembra: secondo i dati del commissario Figliuolo sono oltre 200mila persone, il 15% del totale fra insegnanti e personale Ata. Con picchi che arrivano addirittura sopra il 40% in Sicilia. Peccato che secondo la Regione i vaccinati siano invece in media col resto d’Italia. Un problema di incrocio dei dati, probabilmente, dovuto al fatto che dopo le prime vaccinazioni aperte solo ai docenti si è poi cambiato metodo iniziando a procedere per fasce d’età. È possibile che in questa seconda fase parecchi fra gli insegnanti che sono andati a vaccinarsi non figurino invece nel computo del Ministero. Insomma, le percentuali di immunizzati potrebbero essere superiori a quelle dei numeri ufficiali, ma in ogni caso entro un paio di settimane si spera di poter tirare le somme in modo un po’ più chiaro. E soprattutto rimane un elemento: anche fosse uno solo, si può correre il rischio che un insegnante non vaccinato contagi uno studente e che questo a sua volta trasmetta il virus magari al nonno o a un suo famigliare che il vaccino non l’ha potuto fare perché le sue patologie glielo impediscono? È un prezzo che siamo disposti a pagare? Nebulosa poi è la questione che coinvolge gli studenti: se vorranno seguire le lezioni, quelli universitari dovranno esibire anche loro il certificato verde. Sempre che a settembre il vaccino abbiano potuto farlo. Se non sono immunizzati perché il sistema va a rilento, almeno si pensi a offrire loro il tampone gratuito. Se invece rifiutano la vaccinazione, lo paghino. Per tutti gli altri l’unica certezza è l’obbligo di mascherine dai 6 anni in su, il resto non si sa. Stesso discorso per i trasporti pubblici, questione pressoché irrisolta: non verrà richiesto il Green Pass perché tanto nessuno potrebbe controllarlo, l’unica misura rimane il tetto dell’occupazione dell’80% dei posti a disposizione. Anche perché il ministro delle Infrastrutture Giovannini non ha fatto mistero che si sia ragionato tenendo conto che molti lavoratori continueranno con lo smart working nei prossimi mesi. Teoria più che certezza, anche perché la verità è che senza controlli quei mezzi pubblici all’ora di punta vanno ben oltre la soglia di affollamento consentita. Insomma «whatever it takes» si riparte con un ritorno alla scuola quasi normale, ma con lo stato di emergenza prorogato che di fatto è rassicurazione e paracadute per l’esecutivo pronto a correre ai ripari in caso di necessità. di Annalisa Grandi  

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