Ben sei organizzazioni sindacali (confederali e autonome) della scuola hanno varato una nota dal titolo “La scuola non si riapre per decreto” polemizzando con le recenti decisioni assunte dal governo in materia di Green Pass. Da settembre il personale scolastico – dai dirigenti ai docenti e agli Ata – non potrà entrare nei plessi senza esibire il certificato attestante l’avvenuta vaccinazione o, in mancanza, la certificazione di un tampone negativo effettuato entro le 48 ore precedenti. Sono previste sanzioni sia per i ‘renitenti’ sia per i dirigenti che non effettuano i necessari controlli.
Su quest’ultimo aspetto ha inizio la prima scena del teatro dell’assurdo. I presidi chiedono l’assunzione di 8mila impiegati da adibire a questa funzione. In verità sembra una pretesa eccessiva, perché la scuola non è un porto di mare ma una sede in cui entrano sempre le stesse persone che, una volta vaccinate, non hanno la necessità di esibire la certificazione tutti i giorni. A questo punto si inserisce l’ultima scena. «Ci si chiede ad esempio – è scritto nella nota – come tale obbligo si potrà estendere al personale precario, le cui prestazioni si richiedono nel giro di poche ore». Probabilmente gli estensori non si sono resi conto di quanto sia incomprensibile questa preoccupazione. Ma davvero i sindacati credono che i precari stiano rinchiusi nelle loro abitazioni in attesa della chiamata della segreteria per sostituire un titolare magari ‘renitente’ alla vaccinazione e non abbiano l’accortezza – da persone normali consapevoli che possono lavorare solo se sono in grado di dimostrare la loro immunità al virus – di mettersi in regola con i requisiti occorrenti per entrare in una classe? Senza tener conto che questi insegnanti avranno pure una vita propria con altre frequentazioni e attività per le quali sono tenuti a disporre del Green Pass e a esibirlo quando devono farlo.
In verità è il caso di aggiornare lo slogan caro ai sindacati: uniti non si vince, ma si finge che il sindacato abbia fatto proprio l’obiettivo e i connessi impegni per un ritorno a scuola in presenza, considerando a tal fine fondamentale il buon esito della campagna vaccinale. Di qui la sottolineatura dell’altissima percentuale di coloro che responsabilmente si sono sottoposti alla vaccinazione, dando prova di senso civico. E quella minoranza che si ostina a non vaccinarsi è forse più uguale degli altri? E Monica Cirinnà? A suo avviso il Green Pass metterebbe in difficoltà i transessuali perché nel documento risulterebbe l’aborrito e negletto sesso anagrafico. Il fatto è che ‘galeotto’ e rivelatore sarebbe anche l’esito del tampone. Che fare allora? Ci può assicurare la senatrice Cirinnà che a rendere immuni al virus basti l’identità di genere?
di Giuliano Cazzola
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