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ritiro truppe Nato Afghanistan

Tutti a casa

Il ritiro delle truppe Nato dall’Afghanistan suona come una drammatica fuga e lascia la popolazione nelle mani dei talebani.

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Il ritiro delle truppe Nato dall’Afghanistan suona come una drammatica fuga e lascia la popolazione nelle mani dei talebani.

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Il ritiro delle truppe Nato dall’Afghanistan suona come una drammatica fuga e lascia la popolazione nelle mani dei talebani.
Il ritiro delle truppe Nato dall’Afghanistan suona come una drammatica fuga e lascia la popolazione nelle mani dei talebani.
Un bilancio sconfortante che getta un’ombra sulla nostra idea di mondo. Vent’anni di Afghanistan, vite umane sacrificate sull’altare di un ideale di democrazia nobilissimo, eppure di fatto abbandonato a sé stesso. Non dimentichiamo quanto sangue anche italiano sia stato versato, ora che il ritiro dell’Occidente è stato praticamente completato con la partenza dell’ultimo soldato americano programmato per la fine di agosto. La missione Nato lascia il Paese nelle mani di quei talebani che la coalizione occidentale scacciò in poche settimane di conflitto nel 2001. Un finale deprimente e una cocente sconfitta politica. Non solleva certo il morale ricordare quanto questo Paese nella storia abbia seppellito imperi e potenze militari. Certo, noi non eravamo andati a occupare, a differenza di inglesi o sovietici. Forse, però, è persino peggio, perché ci eravamo presentati per restituire a donne e uomini afghani un’idea di vita civile, democratica e rispettosa dei diritti umani. Ce ne andiamo, cercando di dare un’immagine onorevole a uno sganciamento che assomiglia drammaticamente a una fuga. Del resto, non siamo riusciti mai a togliere acqua alla naturale e coriacea resistenza del fanatismo, facendoci andar bene un potere centrale nella migliore delle ipotesi superficiale e assente. Non di rado corrotto e totalmente disinteressato ai destini dei mille, remoti angoli di un Paese essenzialmente tribale, difficilissimo da ricondurre sotto un’amministrazione unitaria. Noi occidentali siamo riusciti ad appassionarci anche delle sgargianti ed eleganti (?) mise dell’allora presidente Hamid Karzai, trasformato in protagonista da rotocalco, chiudendo tutti e due gli occhi sui suoi magheggi e su un’assoluta inconsistenza politico-amministrativa. Sarebbe ora di agire diplomaticamente sui finanziatori, per chiudere i generosi rubinetti a favore dei talebani. Non è certo colpa degli istruttori, anche italiani, se le forze armate e le forze di polizia afghane sono oggi abbandonate a sé stesse. Non siamo colpevoli della loro inevitabile sconfitta, ma non possiamo neppure fare spallucce davanti al prevedibilissimo trionfo talebano. Le città stanno cadendo una a una e gli osservatori non escludono che la stessa Kabul finisca sotto assedio già entro la fine di agosto. L’Occidente dovrebbe almeno interrogarsi su quanto non è stato fatto in due decenni, ora che non ci facciamo scrupoli ad ammettere di dover trattare con coloro che abbiamo giustamente descritto come la negazione di tutti i nostri valori. Come scrivevamo ieri, è del tutto intollerabile, poi, lasciare al loro destino i tantissimi che hanno aiutato le nostre forze armate nei contatti con la popolazione locale. Il futuro di traduttori, di intermediari e delle loro famiglie è una nostra precisa responsabilità. Disinteressarcene aggiunge vergogna alla vergogna.

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