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Città fantasma come nel Far West, negli Usa il terrore per i blitz anti-irregolari ha svuotato interi quartieri

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Archiviato il 4 luglio e portato a casa il “Bbb” (Big Beautiful Bill), Donald Trump torna a occuparsi di immigrazione. E negli Usa la situazione è molto tesa

Usa

Città fantasma come nel Far West, negli Usa il terrore per i blitz anti-irregolari ha svuotato interi quartieri

Archiviato il 4 luglio e portato a casa il “Bbb” (Big Beautiful Bill), Donald Trump torna a occuparsi di immigrazione. E negli Usa la situazione è molto tesa

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Città fantasma come nel Far West, negli Usa il terrore per i blitz anti-irregolari ha svuotato interi quartieri

Archiviato il 4 luglio e portato a casa il “Bbb” (Big Beautiful Bill), Donald Trump torna a occuparsi di immigrazione. E negli Usa la situazione è molto tesa

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Archiviato il 4 luglio e portato a casa il “Bbb” (Big Beautiful Bill), Donald Trump torna a occuparsi di immigrazione. Dopo le proteste di piazza in California, Texas e Minnesota, si fanno sentire altri effetti dell’azione della United States Immigration and Customs Enforcement (Ice), l’agenzia federale responsabile del controllo della sicurezza delle frontiere e dell’immigrazione. Quello principale, dopo le centinaia di arresti effettuate in soli tre giorni nei dintorni di Los Angeles, è il ritorno delle ‘città fantasma’.

Negli Usa molte località si stanno trasformando in “ghost town”, “città fantasma”

Alcune località satellite di LA si stanno infatti trasformando in ghost town, che ricordano i vecchi centri abbandonati dopo la fine della corsa all’oro nel mitico Far West. Non si tratta di saloon o storici trading post abbandonati, ma di interi quartieri che si stanno spopolando, perché abitati fino a poche settimane fa prevalentemente da ispanici. Sono principalmente loro – in particolare i messicani – a essere sospettati di non avere permessi di soggiorno in regola, con il risultato di finire al centro di controlli e retate.

Uno dei quartieri interessati dal fenomeno è Santee Alley, il fashion district di LA. Noto soprattutto per la folla richiamata da negozi e attività di vario tipo, oggi vede molte delle sue saracinesche ormai abbassate definitivamente. Sono un lontano ricordo anche le masse di gente in cerca di capi di abbigliamento di tendenza, occasioni e merce coloratissima, in esposizione in negozi dallo stile post industriale, tra i quali vagare per ore accompagnati dalla musica in strada e nei locali. Niente più traccia neppure degli aromi di vendors e food truck, i venditori ambulanti di cibi esotici, amatissimi anche dai turisti di passaggio. All’indomani del caos regna insomma la quiete, quella di chi ha deciso di lasciare più o meno volontariamente questi quartieri o altre città satellite (non solo in California) finite nel mirino dei controlli anti-immigrazione illegale.

La scure dell’Ice

La scure dell’Ice – che dipende dal dipartimento della Sicurezza interna degli Usa – si è abbattuta infatti su molte delle cosiddette ‘città santuario’ dove Donald Trump ha promesso «la restaurazione dell’ordine». Se i primi bersagli sono stati a inizio giugno i quartieri losangelini di Paramount, Compton e Inglewood (con l’arresto di 118 persone), lo stesso tipo di intervento si è ripetuto anche nell’area metropolitana di San Francisco e in alcune località della Florida ad alta presenza di ispanici, perlopiù irregolari anche se privi di precedenti. Alle iniziali rivolte sono però seguite le conseguenze, che si traducono appunto in una sorta di migrazione forzata da parte di chi cerca semplicemente di evitare di incappare in controlli da parte delle Forze dell’ordine. Si tratta di una vera migrazione (in alcuni casi di una ‘contro-migrazione’) davanti alla quale la politica sembra ammutolita.

I repubblicani plaudono al piano anti-immigrazione irregolare o quantomeno non lo contestano apertamente, limitandosi solo in pochi casi a qualche timida perplessità. I democratici, dopo le proteste di alcuni governatori come il californiano Gavin Newsom contro la mobilitazione della Guardia nazionale da parte di Trump, sono rimasti impassibili. Il Congresso non ha promosso alcuna azione concreta, di fatto paralizzato da una Camera a maggioranza repubblicana e da un Senato che, pur controllato dai democratici, non ha i numeri per fermare alcun decreto presidenziale. Restano le organizzazioni non governative, che hanno minacciato – e in qualche caso portato avanti – alcune azioni legali, al momento senza alcun effetto concreto.

Gli Usa: un Paese diviso, lacerato

E resta un Paese diviso, lacerato. Con interi quartieri in cui vige il terrore dei blitz (che porta a non usare i mezzi pubblici o a non uscire di casa) e altri – soprattutto nel cuore del Midwest conservatore – dove invece si plaude al pugno duro del presidente. A unire queste due facce della stessa medaglia ci ha pensato – come sempre – il 4 luglio, una delle feste più sentite dal popolo americano. Quest’anno scandita da uno slogan su tutti: “Freedom is not Free Forever”, la libertà ha un costo e non è garantita per sempre.

di Eleonora Lorusso

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