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Ucraina: quattro secoli di soprusi

Ucraina: quattro secoli di soprusi

Per chi dubita del contrario, ricordiamo che la prima Costituzione ucraina risale infatti al 1710 per un totale di quattro secoli di soprusi
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Ucraina: quattro secoli di soprusi

Per chi dubita del contrario, ricordiamo che la prima Costituzione ucraina risale infatti al 1710 per un totale di quattro secoli di soprusi
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Ucraina: quattro secoli di soprusi

Per chi dubita del contrario, ricordiamo che la prima Costituzione ucraina risale infatti al 1710 per un totale di quattro secoli di soprusi
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Per chi dubita del contrario, ricordiamo che la prima Costituzione ucraina risale infatti al 1710 per un totale di quattro secoli di soprusi
Kyiv – Dalla sottoscrizione del trattato di Perejaslav (1654) fra l’Etmanato cosacco di Bohdan Khmelnytskyj (che proclamò la prima indipendenza ucraina nel 1648) e la Russia zarista di Alessio I, ogni generazione d’ucraini s’è trovata a dover lottare per difendere la propria esistenza. Progressive limitazioni aprirono infatti la strada ai provvedimenti con cui Caterina II abolì il Sich di Zaporizhzhia e l’Etmanato, incorporando quest’ultimo nella ‘Malorosiia’ e avvelenando nell’imperialismo russo la forte tradizione democratica ucraina. A chi dubita di quest’ultima affermazione rilanciando pittoresche lezioni di ‘controstoria’ sull’indipendenza di questo Paese val la pena ricordare che la prima Costituzione ucraina risale infatti al 1710. Se è vero che una nazione è indipendente quando è pronta a governarsi secondo il complesso di regole rappresentato dalla sua Costituzione, allora è chiaro che l’Ucraina abbia posto a tal riguardo una forte coesione in netto contrasto con la tradizione autocratica dell’impero russo. Nel corso dei secoli l’identità etno-culturale ucraina fu costantemente soffocata dall’impero zarista che ne abolì la lingua, saccheggiò i territori e perseguitò gl’intellettuali. Basti pensare al Rinascimento fucilato, cioè a quella generazione di poeti, artisti e studiosi ucraini che s’oppose al processo di russificazione coercitiva avviato dalla dinastia Romanov, deposta nel 1917. In quell’anno – durante la rivoluzione di febbraio – l’associazione dei progressisti ucraini convocò a Kyiv la Tsentralna Rada, cioè il governo formato dal Consiglio nazionale ucraino. Durò poco, perché l’anno dopo i bolscevichi di Mosca bombardarono per 11 giorni la Capitale, che nel frattempo aveva proclamato il 22 gennaio 1918 l’indipendenza della Repubblica popolare ucraina riaffermando l’autonomia, l’indipendenza e la libertà del suo popolo. Le milizie guidate dal direttorio di Symon Petliura ripresero per qualche mese Kyiv, che fu poi nuovamente invasa e razziata dai bolscevichi leninisti. Le misure imposte dal regime comunista comportarono la collettivizzazione, ossia la fine della proprietà privata e la dekulakizzazione, cioè l’eliminazione fisica o la deportazione di milioni di piccoli proprietari terrieri ucraini. A ciò seguì l’holodomor, la carestia imposta dal regime di Mosca che comportò il genocidio di 10 milioni d’ucraini. Dopo la firma del patto Molotov-Ribbentrop fra il regime comunista di Stalin e quello nazista di Hitler, anche la neo-ucraina regione di Lviv subì le repressioni imposte dall’Urss. Furono gli anni in cui il giovane nazionalista ucraino Stepan Bandera cercò di riaffermare l’indipendenza del proprio Paese combattendo sia i nazisti che i comunisti, finendo confinato in un campo di concentramento dai primi e poi ucciso da quest’ultimi. Per tutti gli anni che seguirono la morte di Stalin il potere dei Soviet fu de facto esercitato dal Kgb, di cui Putin fu il figliuol prodigo. Alla dissoluzione dell’Urss l’Fsb ne ereditò le funzioni, spingendo sul ‘clan Eltsin’ a nominare quest’ultimo affinché si muovesse nella direzione indicata dal delirante disegno imperialista precorso dall’ideologo suprematista russo Alexandr Dugin. La ricostituzione del blocco appena dissolto vide ancora una volta l’Ucraina quale gemma più preziosa della corona. Dopo aver riaffermato la propria indipendenza nel 1991, Kyiv fu derubata da Mosca delle proprie quote nei beni esteri dell’ex Urss e tre anni dopo venne persuasa a spogliarsi del suo deterrente nucleare. Alle ‘guerre del gas’ – mirate a penalizzare duramente l’Ucraina – seguì l’invasione russa del 2014, avviata in seguito alle lotte di piazza che portarono alla fuga di Yanukovich e alla fine del suo regime cleptocratico pilotato da Mosca. Il resto della Storia lo stiamo scrivendo in Ucraina da 700 giorni e non avrà il finale che i russi inseguono da quattro secoli. di Giorgio Provinciali
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