Una stagione di orrori
I russi sono coscienti di una disfatta ormai acclarata, per questo torturano coloro che si rifiutano di collaborare
Una stagione di orrori
I russi sono coscienti di una disfatta ormai acclarata, per questo torturano coloro che si rifiutano di collaborare
Una stagione di orrori
I russi sono coscienti di una disfatta ormai acclarata, per questo torturano coloro che si rifiutano di collaborare
I russi sono coscienti di una disfatta ormai acclarata, per questo torturano coloro che si rifiutano di collaborare
Kherson – Gli ultimi granelli di sabbia cadono pesanti come macigni nella clessidra che segna il tempo alla mancata occupazione dei territori ucraini. Le scorse ore hanno visto intensificarsi il coordinamento dell’attività partigiana nelle oblast’ di Zaporizhzhya, Kherson e Donetsk, caratterizzata appunto dal simbolo di una clessidra gialla e blu ottenuta tracciando a bomboletta una diagonale alla “Z” rascista (descritta recentemente su queste pagine).
Mentre un’autobomba esplodeva a Mariupol vicino a un caffè, ferendo il capo della polizia rascista Mikhail Moskvin, l’edificio adibito a caserma delle forze armate russe a Melitopol saltava in aria con decine di siloviki all’interno. Ripetuti sabotaggi e attentati contro gli invasori e le infrastrutture da essi occupate hanno avuto luogo nelle scorse ore anche a Kherson. Tali iniziative sono il preludio all’imminente controffensiva con cui ci si aspetta che verrà liberata larga parte dei territori occupati, ma anche una pronta rappresaglia ai crescenti episodi di tortura perpetrati contro una popolazione locale renitente a ogni richiesta russa. Diversi residenti delle zone occupate riferiscono infatti che i russi, subissati dalle richieste di Mosca ma esasperati dalla riluttanza mostrata dai civili ucraini verso il cambio di cittadinanza imposto dalle autorità locali, abbiano iniziato a torturare coloro che si rifiutano di collaborare. Vengono descritti quadri di una violenza inaudita, medievale, che trova riscontro recente solo con le atrocità perpetrate dall’Isis. Civili bendati con sacchetti in testa costretti a camminare verso trincee sino a cadervi dentro, elettroshock e amputazioni di falangi e arti interi, castrazioni e deprivazione del sonno sono soltanto alcune di queste macabre pratiche.
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Un civile ha raccontato d’esser stato legato a una sedia con degli elettrodi inchiodati alle orecchie e di aver ricevuto così tante scariche elettriche da perdere conoscenza e controllo dello sfintere. Fatto rinvenire a forza con secchiate d’acqua gelida, è stato liberato solo dopo aver confessato attività partigiane mai svolte, tanto da doversi inventare di sana pianta situazioni, nomi e persone di fantasia per esser liberato. Un altro ha detto d’esser stato legato con entrambe le caviglie ai lati di un bastone di legno a posto terra in modo che le gambe rimanessero aperte. Sdraiato con la pancia su un tavolo e le mani legate sopra la testa alle gambe opposte del tavolo, gli è stato infilato nell’ano un tubo contenente filo spinato. Dopo averlo minacciato di sfilare il tubo di modo che gli aghi di ferro si piantassero nell’intestino prima di tirare lentamente il filo che lo avrebbe sviscerato, anch’egli è stato “graziato” a seguito di confessioni immaginarie. Molte persone parlano di vessazioni inaudite, testimonianze e documenti firmati con un cerchio o una X, tanto era forte il dolore provato.
I russi sono coscienti di una disfatta ormai acclarata e del fatto che il tempo per loro stia volgendo al termine. Kyiv ha annunciato una controffensiva epica – letteralmente «qualcosa di mai visto nella storia» – con cui verranno spazzati via quegli assassini ma non i loro crimini. Mosca esige dai suoi vassalli conferme endemiche al russkij mir, ma i locali in realtà si rifiutano di collaborare e attendono solo di giubilare per la loro dipartita, come accaduto pochi mesi fa nella Kherson appena liberata.
Di Giorgio Provinciali
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