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Europa-Usa e la “sindrome di Woody”

Meloni ha ricordato che l’Ucraina è vittima di una brutale aggressione russa, salvo poi aggiungere che l’Occidente esiste perché esistono gli Usa e perché esiste l’Europa

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Europa-Usa e la “sindrome di Woody”

Meloni ha ricordato che l’Ucraina è vittima di una brutale aggressione russa, salvo poi aggiungere che l’Occidente esiste perché esistono gli Usa e perché esiste l’Europa

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Europa-Usa e la “sindrome di Woody”

Meloni ha ricordato che l’Ucraina è vittima di una brutale aggressione russa, salvo poi aggiungere che l’Occidente esiste perché esistono gli Usa e perché esiste l’Europa

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Meloni ha ricordato che l’Ucraina è vittima di una brutale aggressione russa, salvo poi aggiungere che l’Occidente esiste perché esistono gli Usa e perché esiste l’Europa

Non appena vinte le elezioni, il futuro cancelliere tedesco ha annunciato i suoi primi due viaggi, in Francia e Polonia. Il significato è evidente: il rilancio dell’integrazione europea e del rapporto con la Francia (unica potenza nucleare dentro l’Unione Europea) e non soltanto la riaffermazione dell’appoggio all’Ucraina, ma anche la sottolineatura che si tratta di un’aggressione ai (e minacciosa dei) nostri confini. Merz, esponente della destra democratica tedesca, riparte dal pericolo che si comprometta la solidarietà atlantica, non finge che la realtà sia diversa e semmai decide di prenderla di petto. Su questa posizione ritrova tutte le istituzioni Ue, senza che si senta il bisogno di fare cenno alle indegne parole pronunciate da Trump.

L’Italia fu capofila della scelta a difesa dell’Ucraina. Fratelli d’Italia e Meloni erano all’opposizione ma la condivisero (con la correttezza di riconoscere d’essersi sbagliati, nel 2014, quando si schierarono contro le sanzioni dopo la presa russa della Crimea). Nel discorso fatto da Meloni, da remoto, alla convention dei trumpiani si avvertiva l’imbarazzo. Ha cercato di superarlo con una modalità che è stata tipica della sinistra che era stata anti atlantica, contraendo la “Sindrome Woody”. Inteso come Allen.

A noi europei Allen piace molto, ricambiati. Negli Stati Uniti, che sono il suo Paese, piace meno che qui. A noi piace l’America di Allen, con i suoi dilemmi morali, le sue bassezze e tenerezze, ma è roba quasi solo newyorkese. Come si coglie bene dalle inquadrature. L’America è sempre stata anche molto altro e molto differente (le sfilate con le croci uncinate si facevano lì, non qui).

È una delle due democrazie, assieme a Israele, che non ha mai coltivato l’illusione che il sangue, la malvagità e la guerra siano usciti dalla storia. In Usa c’è la pena di morte (non ovunque), per senso non di malvagità ma di giustizia. Roba diversa da noi e ora ha preso il potere l’America da noi più distante.

In Germania il partito di estrema destra, quello degli anti-antinazisti (AfD), ha raddoppiato i voti ma ha straperso la partita. Se guardate l’andamento delle presenze politiche sui social durante la campagna elettorale (studio dell’Humboldt Institute), vedrete l’impennata di attenzione per l’estrema destra. Per AfD ha fatto campagna elettorale Musk e il partito ha avuto l’avallo del vice presidente Vance quand’è stato a Monaco. Con tutto questo la percentuale dei votanti è aumentata e ha toccato il record dell’84%, di cui il 79,3% ha votato contro AfD e per chiunque abbia detto che non vorrà avere nulla a che fare con quegli estremisti.

Conta per la Germania, ma conta anche per noi e conta per Meloni: il gruppo di potere statunitense ha deciso di mettere i piedi nel piatto europeo, per romperlo. Veltroni diceva di non essere mai stato comunista – stando nel Pci – e di sentirsi kennediano (con l’anticomunista JFK che faceva parte della commissione McCarthy); Meloni ha avuto il coraggio – notevole e le va riconosciuto – di ricordare che l’Ucraina è vittima di una brutale aggressione russa, salvo poi aggiungere che Trump è un uomo forte che vuole la pace e che l’Occidente esiste perché esistono gli Usa e perché esistiamo anche noi europei. Questa è “Sindrome Woody”: l’immaginarsi come Usa il pezzo che si vorrebbe. O, se si preferisce, “un Trump che si chiama desiderio”.

Si osservi la realtà: sono gli atlantisti di sempre, sono gli europei che non hanno mai avuto tentazioni neutraliste o terzaforziste, sono quelli che portavano la mano sul cuore al salire delle stelle e delle strisce a pensare oggi che Trump potrebbe distruggere quel legame provando a distruggere l’Ue e tradendo vilmente l’Ucraina (e quindi l’intera Europa).

È chi (come me) ama Allen, ma sa che è un pezzo degli Usa – non gli Usa – e che il pacifismo attecchisce da queste parti, non da quelle. Per questo si prova dolore, ma non si finge che la realtà sia diversa da quella che è. In Germania lo hanno sperimentato sulla loro pelle elettorale.

di Davide Giacalone

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