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La polizia scozzese

La polizia scozzese in paranoia linguistica

“Signorsì, signore!”. Ogni recluta della polizia scozzese pronunciando queste parole rischierebbe oggi il provvedimento disciplinare. L’ultima trovata woke delle Forze dell’Ordine
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La polizia scozzese in paranoia linguistica

“Signorsì, signore!”. Ogni recluta della polizia scozzese pronunciando queste parole rischierebbe oggi il provvedimento disciplinare. L’ultima trovata woke delle Forze dell’Ordine
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La polizia scozzese in paranoia linguistica

“Signorsì, signore!”. Ogni recluta della polizia scozzese pronunciando queste parole rischierebbe oggi il provvedimento disciplinare. L’ultima trovata woke delle Forze dell’Ordine
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“Signorsì, signore!”. Ogni recluta della polizia scozzese pronunciando queste parole rischierebbe oggi il provvedimento disciplinare. L’ultima trovata woke delle Forze dell’Ordine
«Signorsì, signore!». Ed è così che da oggi ogni zelante recluta della polizia scozzese rischierebbe il provvedimento disciplinare: vietato utilizzare i termini sir o ma’am (signore o signora) nell’ottica di un «ambiente di lavoro inclusivo». È l’ultima trovata woke di una delle Forze dell’ordine più giovani (istituita nel 2013) e singolari del panorama occidentale. A rivelarlo è il “Daily Mail”, che spiega come pure il più formale glossario da caserma stia imbarazzando i questori locali di fronte alle «possibili discriminazioni verso il personale non binario». Meglio dunque una terminologia più asettica: “collega”, “assistente”, “capo” (l’inglese chief) preservano meglio l’agognata neutralità. «Sembra che la nostra polizia stia soffrendo una profonda crisi identitaria» si legge sul giornale inglese. E la notizia è arrivata all’attenzione della politica, con il Partito conservatore su tutte le furie: «Ai cittadini non può fregar di meno di come gli agenti si chiamino fra loro: conta che ci siano quando serve. Ma forse per qualche alto ufficiale sarebbe una perdita di tempo e denaro». La paranoia linguistica non è infatti un caso isolato. E va quasi compatita: soltanto un mese fa i nuovi vertici di Police Scotland avevano tacciato di «inaccettabile misoginia» un muro celebrativo della propria sede, semplicemente perché i ritratti dei poliziotti del passato (risalenti fino all’Ottocento) sono di soli uomini. Al contempo, gli sforzi dell’organo pubblico si sono concentrati sulla creazione di apposite ‘unità sentinella’, dalla Commissione anti-sessismo a quella per l’uguaglianza di genere. Ora, che i corpi di polizia nel mondo riflettano un ambiente tradizionalmente machista e affine alla destra radicale è un conto. Ma non è il caso della Scozia, dove anzi il falso progressismo dietro la bandiera arcobaleno (del controverso Gender Recognition Bill avevamo già raccontato) ha assunto contorni socialmente inquietanti come l’accettazione di stupratori transgender nelle carceri femminili: almeno in quest’ambito, dati «i problemi di sicurezza riscontrati», il mese prossimo entrerà in vigore una politica interna più stringente. La polizia sta facendo mea culpa anche sulla gestione dei reati di incitamento all’odio, spinta da altri scenari surreali: nel solo 2023 la solerzia degli agenti avrebbe portato a registrare più falsi allarmi – in cui nessun torto era stato commesso – che crimini d’odio veri e propri (3.773 a 3.248). Numeri grotteschi. La revisione delle linee guida è toccata in virtù della legge britannica, che predilige «la libertà di pensiero rispetto al carattere soggettivo della sensibilità personale». E meno male. Non c’è da stupirsi però se il pallottoliere sia andato in tilt. Dispensare reati d’opinione senza criterio rievoca l’azione repressiva della polizia politica nelle dittature. E Police Scotland riflette soltanto il terreno in cui opera: margini di offendibilità zero. Nemmeno per cortesia, sir. di Francesco Gottardi La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!

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