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Operazione ucraina

Sconfinati, l’operazione ucraina in territorio russo

L’operazione ucraina in territorio russo non va misurata in chilometri quadrati, che sono comunque tanti, ma in termini di strategia politica

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Sconfinati, l’operazione ucraina in territorio russo

L’operazione ucraina in territorio russo non va misurata in chilometri quadrati, che sono comunque tanti, ma in termini di strategia politica

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Sconfinati, l’operazione ucraina in territorio russo

L’operazione ucraina in territorio russo non va misurata in chilometri quadrati, che sono comunque tanti, ma in termini di strategia politica

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L’operazione ucraina in territorio russo non va misurata in chilometri quadrati, che sono comunque tanti, ma in termini di strategia politica

La bomba atomica è scoppiata al Cremlino e il colpo subito da Putin è durissimo. L’operazione ucraina in territorio russo non va misurata in chilometri quadrati, che sono comunque tanti, ma in termini di strategia politica. Dopo di che: inutile farsi illusioni, la guerra può continuare ancora a lungo e non saranno gli sconfinati di questa estate a poterla vincere. Perché è una guerra folle avviata con un folle obbiettivo. Ma gli sconfinati odierni hanno messo a segno un colpo micidiale, che ridicolizza le distinzioni fra uso difensivo od offensivo delle armi.

Nella dottrina russa, ricordata di continuo da Putin e dal suo ventriloquo esaltato, Medvedev, l’uso dell’arma atomica è previsto in caso vi sia la minaccia di una invasione del suolo russo, anche se portata con armi convenzionali. C’è stata, è in corso, ma i primi soldati russi sono segnalati in arrivo coi i treni. Dopo tanto averlo minacciato, dunque, perché non c’è stato l’immediato botto atomico, magari nella versione tattica? A parte che far esplodere un ordigno di quel tipo al confine della penetrazione è come tirarselo addosso per i fatti propri, quell’operazione ucraina ha messo in luce il baco della copertura cinese, che mantiene i russi sul terreno convenzionale. La minaccia atomica russa era un bluff, svelato. Se ci prova si ritrova da solo con la Corea del Nord, mentre all’Iran basterebbe il silenzio cinese per defilarsi.

Il nostro ministro della Difesa, secondo cui lo sconfinamento ucraino allontana la pace, dovrebbe avere l’amabilità di indicare dove mai ne abbia visto l’approssimarsi. Il nostro ministro degli Esteri, che insiste nel ripetere che le nostre armi si usano solo per la difesa, essendo questo un nostro vincolo costituzionale, dovrebbe indicarci dove lo legge. L’Italia può entrare in guerra solo per ragioni difensive, ma -posto che non siamo in guerra e aiutiamo chi è stato aggredito- se dovesse farlo userebbe le armi per vincere e le userebbe ovunque fosse utile farlo. Quelle loro parole sono state pronunciate assieme a una presa di distanza dalle modalità della difesa israeliana, il che ha indotto ragionevolmente a pensare ad una modifica della nostra politica estera, specie a ridosso del viaggio di Meloni in Cina. Bene ha fatto la presidenza del Consiglio ha stroncare sul nascere questo genere di interpretazioni. Tanto più che l’iniziativa di Francia, Germania e Regno Unito sul Medio Oriente è già un segnale di minore peso.

Quei due scenari di guerra sono profondamente diversi, ma hanno un comune denominatore: un attacco all’Occidente e alla sua forza, condotto dall’asse fra Russia, Iran e Corea del Nord. Con la Cina alle spalle. Non c’è spazio per sfumature e ci si può dedicare a inseguire le retoriche falso pacifiste solo a condizione di chiamarsi fuori da quale che sia ruolo internazionale.

Sappiamo -e scriviamo- fin dal primo giorno che la criminale aggressione russa all’Ucraina non si risolverà sul piano militare. Lo ha sperato Putin, ha fallito, da quel momento è divenuta una guerra infinita. Noi continueremo a sostenere l’Ucraina perché è giusto e perché una sua capitolazione nuocerebbe ai nostri interessi e alla nostra sicurezza. Noi occidentali siamo i soli ad avere sempre indicato e sostenuto la via dei negoziati, come ora fanno gli stessi ucraini, ma non sono andati avanti perché Putin l’ha ostruita. Vogliamo negoziare anche perché non abbiamo interesse -anzi- a che Putin distrugga la Russia e ne faccia un vassallo cinese. Ma proprio perché crediamo ai negoziati sappiamo che non si devono offrire spiragli che lascino credere a Putin di potere dividere il fronte atlantico. Dar fiato alla bocca senza valutarne le conseguenze ha come effetto il lasciargli credere che esista quella possibilità e, quindi, questo sì (e non la penetrazione ucraina in Russia) allontana la pace.

Sappiamo anche che qualcuno, dalle nostre parti, spera che l’ipotetica vittoria di Trump ribalti le cose e gli riapra la possibilità di andare a festeggiare al Cremlino. Tutto da dimostrarsi e, comunque, non è solo da incoscienti, ma anche da traditori degli interessi italiani.

di Davide Giacalone

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