Zelensky, il prezzo dei carri armati
Giornata cruciale per la guerra in Ucraina: Stati Uniti e Germania inviano carri armati “Abrams” e “Leopard 2” a Kiev
| Esteri
Zelensky, il prezzo dei carri armati
Giornata cruciale per la guerra in Ucraina: Stati Uniti e Germania inviano carri armati “Abrams” e “Leopard 2” a Kiev
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Zelensky, il prezzo dei carri armati
Giornata cruciale per la guerra in Ucraina: Stati Uniti e Germania inviano carri armati “Abrams” e “Leopard 2” a Kiev
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Giornata cruciale per la guerra in Ucraina: Stati Uniti e Germania inviano carri armati “Abrams” e “Leopard 2” a Kiev
Giornata importantissima, se non cruciale, della guerra in Ucraina. Nel giro di pochi minuti, ieri sera, da Stati Uniti e Germania è arrivata in parallelo la notizia della decisione dei rispettivi governi di concedere i carri armati “Abrams” e “Leopard 2” a Kiev. La richiesta che da settimane Volodomyr Zelensky ripeteva con tutte le armi dialettiche a sua disposizione è stata infine esaudita, poche ore dopo una vera e propria epurazione di vertici ministeriali e collaboratori del governo ucraino decisa dallo stesso presidente.
Le accuse sono particolarmente infamanti, nel pieno di una guerra che vede il Paese impegnato per la propria sopravvivenza: la corruzione. Due notizie evidentemente connesse, perché le voci sempre più insistenti su arricchimenti indecenti in pieno conflitto (non certo una novità, da sempre le guerre sono anche straordinarie occasioni per gente senza scrupoli) avevano varcato i confini e raggiunto le capitali impegnate a sostenere militarmente e finanziariamente l’Ucraina e un governo con cui i legami cominciano a essere così stretti da poter diventare potenzialmente pericolosi.
Uno scandalo a Kiev, per farla breve, potrebbe causare ripercussioni politiche gravi a Washington, Parigi, Roma o Berlino, perché la compattezza occidentale è una cosa (bellissima), ma le rivalità politiche interne non sono certo state cancellate dalla folle, scriteriata e disumana aggressione di Putin.
Si pensi alle note resistenze repubblicane negli Stati Uniti sull’invio delle armi tecnologicamente più avanzate o ai mal di pancia che ben conosciamo noi italiani: anche le semplici voci su un uso improprio di fondi e mezzi restano potenzialmente destabilizzanti.
Zelensky ha così consapevolmente subito il primo, concreto danno di immagine in un anno di guerra, portandosi a casa però quei carri armati che considera fondamentali per resistere alle prevedibili offensive russe di primavera e pianificare ulteriori controffensive nel sud-est occupato dall’armata di Mosca.
Giornata cruciale, si scriveva, giornata che obbliga anche a una presa d’atto: il conflitto durerà, l’Ucraina potrà resistere e vincere – su cosa significhi “vincere”, il dibattito è aperto e la risposta non è univoca – solo se l’Occidente resterà quello visto in 12 mesi che hanno sconvolto piani, scommesse e previsioni di un dittatore ossessionato e sconfitto sul campo. Putin, al contempo, resta la più formidabile minaccia per l’ordinamento internazionale degli ultimi decenni.
Di Fulvio Giuliani
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