L’accordo trovato in sede europea, la nascita della nuova società – semplicemente Ita – l’ennesimo tentativo di salvataggio, le prospettive e il sano realismo ci impongono un intervento. Onesto e severo, perché dettato dall’amore per la verità, la memoria di quanto accaduto e i timori per quanto potrebbe accadere.
In questa sede, senza neppure ribadire lo sconcerto per anni di cattiva gestione di cui nessuno è stato mai realmente chiamato a rispondere, sottolineeremo solo un paio di elementi fondamentali ai nostri occhi, da offrire alle vostre riflessioni e commenti.
Rinunciare al brand ‘Alitalia’, appare del tutto incomprensibile. Perché, rinnegare la mala gestio è una cosa e ci trova pienamente d’accordo. Negare la storia, la tradizione, viceversa, risulta incomprensibile e autolesionista. ‘Alitalia’ resta un marchio commercialmente molto spendibile, soprattutto e non certo per paradosso all’estero. In casa, evoca tutto ciò a cui abbiamo accennato, fuori dai patri confini trasmette il flavour del Made in Italy che resta un vettore potentissimo nell’immaginario collettivo.
Sostituire tutto questo con un pallido ‘Ita’, al più una sigla burocratica, lascia basiti.
Poi, le dimensioni della futura flotta (siamo pronti a scommettere che si parlerà solo di esuberi, senza soffermarsi su questo aspetto cruciale): 52 aerei. Non è necessario essere degli esperti del settore, per capire che stiamo parlando di una compagnia regionale, dalle scarse pretese e dagli orizzonti ancor più limitati.
La domanda è solo una: che senso ha?
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