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La maglia del Tromsoe scansiona la realtà del Qatar

Secondo il Guardian sarebbero oltre seimila i migranti morti nei cantieri degli stadi dei prossimi mondiali di calcio in Qatar. La piccola squadra norvegese del Tromsoe ha trovato un modo davvero originale per denunciare questo ignobile sfruttamento.
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La maglia del Tromsoe scansiona la realtà del Qatar

Secondo il Guardian sarebbero oltre seimila i migranti morti nei cantieri degli stadi dei prossimi mondiali di calcio in Qatar. La piccola squadra norvegese del Tromsoe ha trovato un modo davvero originale per denunciare questo ignobile sfruttamento.
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La maglia del Tromsoe scansiona la realtà del Qatar

Secondo il Guardian sarebbero oltre seimila i migranti morti nei cantieri degli stadi dei prossimi mondiali di calcio in Qatar. La piccola squadra norvegese del Tromsoe ha trovato un modo davvero originale per denunciare questo ignobile sfruttamento.
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Secondo il Guardian sarebbero oltre seimila i migranti morti nei cantieri degli stadi dei prossimi mondiali di calcio in Qatar. La piccola squadra norvegese del Tromsoe ha trovato un modo davvero originale per denunciare questo ignobile sfruttamento.
Serviva l’inventiva unita alla tecnologia di un minuscolo club norvegese per riaccendere le luci sulle migliaia di vittime nei cantieri degli stadi che tra un anno ospiteranno i Mondiali di calcio in Qatar. Il Tromsoe ha lanciato una maglia di gioco con un codice Qr che, scannerizzato con uno smartphone, rimanda a una pagina di informazioni sulle inumane condizioni di lavoro dei migranti nel Paese arabo. Tema perennemente sottotraccia. Da un’inchiesta del “The Guardian” pubblicata poco dopo l’assegnazione al Qatar dei Mondiali, emerse la cifra monstre di oltre seimila migranti (soprattutto indiani) morti nei cantieri degli stadi, costretti a lavorare con oltre 40 gradi, senza tutele e adeguati sistemi di sicurezza. Insomma, oltre alla questione dei diritti lgbt e dei «gay benvenuti in Qatar, ma senza effusioni in pubblico» – come ha precisato Nasser al Khater, direttore esecutivo del comitato organizzatore – resta irrisolto il nodo della manodopera sfruttata e anche delle mancate informazioni sulle morti dei lavoratori (di cui non si trovano le cartelle cliniche). A voler credere ai dati ufficiali, sarebbero poco meno di 40 e per il 90% dei casi per cause non collegate al lavoro. «Il denaro ha ancora la meglio sui diritti umani e sulle vite umane. Quante violazioni dei diritti umani ci vorranno prima che la comunità calcistica si unisca per chiedere una migliore protezione per i lavoratori migranti?» si legge sul sito del Tromsoe, che è stato il primo club al mondo a denunciare le condizioni disumane in Qatar, d’intesa con Amnesty International e Malcolm Bidali, un ex migrante arrestato in Qatar per aver raccontato in un blog la condizione lavorativa sua e dei suoi compagni. La Norvegia ai Mondiali non ci sarà, non si è qualificata, ma a marzo (al pari di Olanda e Germania) è scesa in campo contro Gibilterra con una maglietta con la scritta “Human rights on and off the pitch” (Diritti umani sul campo e fuori). E pure la nazionale danese, che invece in Qatar sarà presente, si è schierata per la tutela dei diritti umani nel Paese del Golfo Persico con una piccola forma di boicottaggio: messaggi umanitari sulle maglie da gioco durante la competizione, al posto dell’esposizione del logo degli sponsor. E gli altri Paesi? Se l’Inghilterra ha preannunciato proteste, ma si ritrova comunque un David Beckham testimonial dei Mondiali con un contratto da nababbo, per il resto il dibattito è pressoché assente. Continua insomma a vincere il silenzio. Perché i diritti dei lavoratori sono una gran bella cosa ma i dollari contano, eccome. Secondo alcune stime, i prossimi Mondiali di calcio dovrebbero portare in dote circa 20 miliardi di dollari all’economia del Qatar mentre la Fifa dovrebbe incassare 3 miliardi, una parte sostanziosa dei quali verrà poi girata alle federazioni nazionali. di Nicola Sellitti

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