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Mimmo Lucano

Opposti zoticismi

Se lo stampino in mente tutti: ai sensi dell’articolo 27 della Costituzione, l’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano non è un condannato. A destare una certa sfiducia non deve essere la Magistratura, ma una politica che parla senza raziocinio. 

 

Superato l’oltraggio al diritto, abbandonata ogni aspirazione alla coerenza, siamo giunti allo scempio della logica. In una disfida isterica oramai priva di legami con la proposta o la pratica di rimedi. Che anche qui proviamo a indicare.

Della sentenza, di primo grado, che condanna l’ex sindaco di Riace abbiamo scritto ieri. Poi abbiamo letto Matteo Salvini«Altro che dare la caccia agli omosessuali della Lega, la sinistra in Calabria candida condannati a tredici anni di carcere».

E abbiamo letto Enrico Letta: «Sono esterrefatto per questa sentenza. Farà crescere la sfiducia nei confronti della magistratura».

Sono fuori di testa. Era in corso una caccia agli omosessuali? Semmai c’è qualcuno, anche fra i leghisti, che straparla oltraggiando, ma sui giornali è finita un’inchiesta che ha a che vedere con la droga. E abbiamo già scritto che il rilievo è sproporzionato, che si tratta solo di un’inchiesta e che, però, è droga. La candidatura di Lucano è precedente al primo grado e, comunque, ancora oggi non è un condannato. Se lo stampino in mente tutti: ai sensi dell’articolo 27 della Costituzione non è un condannato. Mentre la fiducia nella magistratura che è, una specie di applausometro? Una sentenza non definitiva produce sfiducia nella magistratura? O è un avvertimento ai giudici dell’appello, che non sgarrino, o agli avvocati, che è inutile ci provino. Il tutto a cura di chi, fino a un minuto prima, storceva la bocca se sentiva criticare una sentenza (come si può ben fare) o si buttava sotto la toga se sentiva metterne in dubbio l’affidabilità. Fuori di testa.

A destare una certa e fondata sfiducia è proprio questo tipo di politica. Se avessero ancora raziocinio – anziché il s’ode a dritta un colpo a Lucano e s’ode a manca un colpo a Morisi – saprebbero di avere il comune e collettivo interesse a cambiare alcune cose.

1. Le Procure, dove non ci sono giudici, come l’ignoranza fatica a metabolizzare, siano responsabili delle indagini che svolgono e delle richieste di rinvio a giudizio: con la cancellazione della totalmente ipocrita obbligatorietà dell’azione penale, chi continua a portare in giudizio gente che verrà assolta cambia mestiere.

2. Il giudice sia totalmente indipendente, ma non irresponsabile: chi continua a compitare sentenze che vengono poi puntualmente riformate o cancellate, cambia mestiere.

3. Se non volete che la politica debba citofonare in Procura per sapere chi candidare dovete cancellare gli obbrobri cumulati nel tempo, compresa la legge Severino, che viola la presunzione d’innocenza e procede alla sospensione di eletti che pure non hanno condanne definitive sulle spalle.

4. Quella roba è stata approvata per narrare la favola della severità, mentre è il resoconto della subalternità: ovvio che non si possono attendere lustri per sapere se l’amministratore è disonesto, ma si rimedia sveltendo il processo, non anticipando un pezzo della pena (roba da matti: c’è un candidato alle regionali che se eletto sarà sospeso, anche se gli elettori sapevano già che era condannato, il che non toglie solo autonomia alla politica, ma sovranità agli elettori, ci arrivano a capirlo?).

Invece di operare su queste cose – come si farebbe fra ragionanti, confrontando idee e ricette diverse (se le hanno) – si armano le faziosità più bieche, compresa quella di giornali che hanno passato anni a denunciare la ‘politicizzazione’ delle inchieste e ora danno del ‘criminale’ a uno, coperto da presunzione d’innocenza, solo perché la parte avversa lo appoggia. Laddove onore e saggezza vorrebbero che proprio quando la cosa riguarda un avversario c’è l’occasione per mostrare civiltà. Ma niente. Un tempo si parlava degli ‘opposti estremismi’, qui siamo agli opposti zoticismi.

 

di Davide Giacalone

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