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Università italiane in fallimento

Università del fallimento

Si accusano gli atenei di mirare al profitto ma il problema è che non ne perseguono alcuno, potendo così continuare a galleggiare nella mediocrità

Università del fallimento

Si accusano gli atenei di mirare al profitto ma il problema è che non ne perseguono alcuno, potendo così continuare a galleggiare nella mediocrità

Università del fallimento

Si accusano gli atenei di mirare al profitto ma il problema è che non ne perseguono alcuno, potendo così continuare a galleggiare nella mediocrità

Si accusano gli atenei di mirare al profitto ma il problema è che non ne perseguono alcuno, potendo così continuare a galleggiare nella mediocrità

Ha fatto notizia la denuncia di tre neodiplomate della Scuola normale superiore di Pisa che, in occasione  della consegna dei diplomi, hanno stigmatizzato una serie di mali dell’antico Istituto universitario toscano e dell’Università italiana tutta. La loro diagnosi è stata precisa: adozione del modello neoliberale.

I  suoi effetti Precarizzazione, prevalenza di un modello di produttività della ricerca di tipo quantitativo, trasformazione delle Università in aziende in cui «l’indirizzo della ricerca scientifica segue la logica del profitto», «la divisione del lavoro scientifico è orientata a una produzione standardizzata, misurata in termini puramente quantitativi», dove «lo sfruttamento della forza lavoro  si esprime attraverso la precarizzazione sistemica e crescente» e le disuguaglianze sono inasprite da «un sistema concorrenziale che premia i più forti e punisce i più deboli, aumentando i divari sociali e territoriali».

A voler prendere sul serio la denuncia, va detto che è vero proprio il contrario: i mali elencati (quelli  veri  e  non  immaginari) sono frutto di una causa opposta e cioè l’adozione del modello statalista. Quanto all’Università-azienda, basta rilevare che la necessità di far quadrare i conti è imposta direttamente dalla Costituzione (articolo  97) e non da un sistema politico retto dalla maggioranza di governo.

Non a caso si chiamano ‘aziende’ gli enti che curano la sanità pubblica in ogni Regione (Asl) e quelle che ad esempio gestiscono i servizi pubblici locali. L’equilibrio dei bilanci non è un grazioso optional ma un vincolo costituzionale, rafforzato nel 2012 come argine all’incremento del debito pubblico. 

Quanto alla logica del profitto –a  parte  il fatto che non si comprende a quale profitto mirerebbero per esempio i Dipartimenti di Giurisprudenza, di Lettere o di Ingegneria– anche qui pare vero l’opposto: i mali universitari nascono proprio dal fatto che le Università non ne perseguono alcuno.

In tal modo sono libere di galleggiare in quella mediocrità che la logica del profitto, che impone costanti miglioramenti, di fatto impedirebbe. L’unica vera riforma propugnata dai liberali, secondo l’insegnamento di Luigi Einaudi, è l’abolizione del valore legale del titolo di studio.

Riforma sempre sbandierata da partiti anche di diversa ispirazione, e che non è mai stata attuata perché farebbe crollare baronie, metterebbe nell’angolo docenti e ricercatori mediocri (precari  e  non), attirerebbe gli studiosi migliori, differenzierebbe le retribuzioni in funzione  dei  concreti  risultati  raggiunti.

È questo il modello neoliberale che nessuno vuole, trovando tutti molto più comodo proseguire con lo statalismo, il sindacalismo, gli avanzamenti automatici del personale interno e il posto a vita.

  di Antonio Leo Tarasco

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