Dana può colpire anche da noi?
“Dana si può ripetere. In Italia l’allerta riguarda Liguria, Versilia, Calabria e Sicilia. Ma è impossibile azzardare previsioni precise”. Parla il climatologo Massimiliano Fazzini
Il bilancio dell’alluvione a Valencia è pesantissimo, si parla di tragedia storica, senza precedenti. I motivi sono molteplici, ma ora ci si interroga soprattutto sul rischio che un evento di tale portata possa ripetersi. Una eventualità molto più che concreta, secondo il climatologo Massimiliano Fazzini, climatologo dell’Università di Camerino, coordinatore sul rischio climatico della Sigea, la Società italiana di Geologia ambientale. «Essendo trascorsa qualche ora, si può fare una valutazione più pertinente e, per esempio, dobbiamo ricordare che esistono precedenti analoghi, non è vero che non è mai successo. Il 25 ottobre del 1981, per esempio, si verificò una situazione del tutto simile, da un punto di vista atmosferico, anzi con 900 millimetri di acqua caduti in un solo giorno, cioè il doppio di quella registrata a Valencia. La vera differenza, però, l’ha fatta l’antropizzazione», osserva Fazzini, che aggiunge: «All’epoca c’erano meno infrastrutture esposte e vulnerabili, quindi si sono contati meno perdite umane e danni materiali».
Oggi si parla di rischio di una nuova cosiddetta Dana o “goccia fredda”: «Tecnicamente si verifica quando una massa aria fredda si isola dalle correnti principali in alta quota, tra i 5 e i 10mila. Essendo chiusa e molto fredda, è anche pesante, quindi scende rapidamente e incontra il vapor acqueo preesistente, dando luogo a violente precipitazioni temporalesche, in pochissimo tempo», spiega il climatologo. Perché avvenga, quindi, la temperatura del mare è fondamentale e, nel caso specifico, quella registrata a Valencia era ed è molto elevata rispetto alla media della stagione. «Basti pensare che in questi giorni a Valencia, ma anche in Calabria per esempio, la temperatura dello strato superficiale del mare dovrebbe oscillare tra 16,5 e 17,5 gradi C, mentre nelle scorse ore nel porto di Valencia era di 20,7. Con 3 gradi in più c’è molto più vapor acqueo e il rischio aumenta esponenzialmente», osserva Fazzini.
Gli esperti spagnoli sottolineano come a incidere siano state anche le caratteristiche del territorio valenciano. Dopo l’alluvione del 13 dicembre del 1957, infatti, è stato deviato a monte il fiume Túria, evitando il peggio in centro città. Nelle aree più decentrate, però, i danni sono stati ingenti, sia in termini fisici che di perdite umane. A influire sul fenomeno atmosferico che ha messo in ginocchio la zona, però, sarebbe stata anche l’orografia di Valencia. «Esatto, infatti corrono lo stesso rischio anche molte zone italiane con le stesse peculiarità: non a caso oltre 70% delle precipitazioni annuali nel nostro Paese è di natura orografica, cioè dovuto alla vicinanza di monti in prossimità del mare, come la Liguria, la Calabria e il Friuli, che sono zone più soggette ad alluvioni lampo. Qui le masse d’aria salgono forzatamente e danno luogo a precipitazioni forzate e reiterate, perché si bloccano lì», spiega Fazzini.
Solo pochi giorni «è accaduto qualcosa di simile proprio in Calabria, anche se non se è parlato molto – ricorda il climatologo – Sono caduti ben 390 mm di pioggia in 6 ore, seppure con meno danni. Tra le zone più a rischio ci sono anche quella dell’Etna e di Messina in Sicilia, e la Versilia, per la prossimità con le Alpi Apuane». Ma fare previsioni è possibile solo fino a un certo punto: «Possiamo individuale regioni climatiche a rischio e anche prevedere, fino a 3 o 4 giorni prima, l’arrivo di masse d’aria potenzialmente pericolose – spiega l’esperto – è accaduto anche a Valencia, si sapeva che avrebbe piovuto molto, ma si può stabilire dove esattamente. E temo non si riuscirà mai, perché le puntuali sono soggette a indicatori locali impossibili da predire in modo così puntuale», conclude Fazzini.
di Eleonora Lorusso
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!