Guerra delle materie prime, parla Giuseppe Sabella
Giuseppe Sabella, direttore esecutivo di Oikonova e autore del saggio “La guerra delle materie prime e lo scudo ucraino” ci spiega che la prima domanda da porsi è “Perché adesso?”
Kyiv – Con 43 voti favorevoli e nessun contrario o astenuto, l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa ha esortato ieri gli Stati membri a riconoscere ogni eventuale mandato presidenziale conferito a Vladimir Putin successivo a quello attuale come illegittimo e a cessare ogni contatto con lui, ad eccezione di quelli umanitari necessari al perseguimento della pace. Ricordando le conclusioni della Commissione di Venezia del Consiglio d’Europa, secondo cui «la rinuncia al limite di mandato per il presidente in carica viola sia la Costituzione russa che i principi giuridici internazionali», l’Assemblea ha indicato nell’aggressione russa contro l’Ucraina – e nelle sue conseguenze – «la prova che le dittature costituiscono una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale, all’integrità territoriale e all’indipendenza politica dei Paesi vicini».
Che la leadership russa sia di stampo dittatoriale è ormai acclarato, e che il conflitto da essa scatenato in Ucraina sia ricollocabile in uno scenario globale più ampio appare ogni giorno più evidente. Gl’interessi dei regimi assolutisti trovano radici comuni profonde, che esulano dalle ragioni storiche per poggiare saldamente su aspetti economici legati al grande cambiamento della globalizzazione e alla crisi – sfociata in guerra – delle materie prime.
Parlandone con chi per primo ha coniato quest’espressione – accostandola all’invasione russa dell’Ucraina – è apparso evidente che anche sotto questo aspetto l’aggressione a Israele vada inquadrata in ambito globale. Direttore esecutivo di Oikonova e autore del saggio “La guerra delle materie prime e lo scudo ucraino” (Rubbettino 2022), Giuseppe Sabella ci spiega che la prima domanda da porsi è «Perché adesso?», invitando a trovare la risposta nella fine di un Ordine. «Con la crisi del mercato globale hanno avuto inizio l’America dei dazi, l’Europa del Green Deal e la Cina della “prosperità comune” (il programma con cui Pechino intende rendere partecipe la popolazione d’una crescita economica che a oggi ne riguarda soltanto una parte, sì e no 300 milioni di persone). Tutte le economie avanzate lavorano per consolidare il mercato domestico e, in questo quadro, l’Europa viaggia verso la transizione energetica e la carbon neutrality. Ciò significa che il mercato più importante del mondo sta riducendo le sue importazioni dei combustibili fossili e la Russia – guarda caso – è il Paese più colpito dal processo di transizione energetica (che non riguarda affatto solo l’Europa)». Ricordando che proprio l’Ue ha costituito a lungo il principale mercato russo, Sabella invita a riflettere sul fatto che la Russia resta uno dei principali esportatori di commodities. «Dentro queste tensioni, la questione energetica ha un peso enorme: il mondo avanzato s’emancipa sempre più dall’oil and gas».
Per quanto il coinvolgimento di Putin nell’attacco a Israele non sia comprovato, Sabella riconosce che sia difficile escluderlo. «Oltre alla vicinanza con l’Iran – senza affermare che Hamas abbia agito d’accordo con Teheran – il punto vero è che il contesto che s’è creato è del tutto favorevole a Putin: per ragioni di sicurezza, Israele ha sospeso l’estrazione di gas nel giacimento di Tamar. A ciò s’aggiungono la crisi del gas australiano e il misterioso sabotaggio del Balticconnector (il gasdotto fra Finlandia ed Estonia). In sintesi: da sei mesi il prezzo del gas in Europa è al top e nell’ultima settimana è cresciuto del 40%». Come l’anno scorso, è ancora guerra del gas. E, ancora, guerra delle materie prime.
di Giorgio Provinciali
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Iscriviti alla newsletter de
La Ragione
Il meglio della settimana, scelto dalla redazione: articoli, video e podcast per rimanere sempre informato.