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Palcoscenico industriale, parla Jody Brugola, nipote di Egidio, colui che inventò le viti esagonali

Le parole di Jody Brugola: suo nonno Egidio nel 1945 brevettò quelle viti cave esagonali destinate a cambiare il settore dell’automotive. E non solo
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Egidio Brugola porta lo stesso nome del nonno che nel 1945 brevettò quelle viti cave esagonali destinate a cambiare il settore dell’automotive: oggi un’automobile su quattro nel mondo ‘veste’ viti prodotte dalla Brugola Oeb Spa. Tutti però lo conoscono semplicemente come Jody, presidente di un gruppo che negli ultimi tre anni è cresciuto a doppia cifra, chiudendo il 2023 con 190 milioni di fatturato. Da ragazzo aveva altri piani (fare l’attore) e per questo era volato a New York. Ma ai primi problemi di salute di papà Giannantonio, tornò in Italia per portare avanti l’azienda di famiglia. Figlio unico, Jody Brugola guida un gruppo presente in quattro Continenti, con due stabilimenti produttivi: uno a Lissone (alle porte di Milano) e uno nel Michigan (Usa), dove ha sede la Ford. La fortuna di Brugola si deve anche all’intuizione di aver realizzato dei centri di distribuzione a due passi dalle sedi delle case automobilistiche. «Non vorrei parlare di Fiat ma oggettivamente, quando guardo da dove sono partite Hyundai e Kia, qualche domanda me la pongo per forza» osserva l’imprenditore. «In Italia purtroppo manca una mentalità che spinga all’investimento. Non c’è una visione. Eppure, quando andiamo all’estero, spesso abbiamo una marcia in più. Perché? Colpa di un sistema ancora molto chiuso, appesantito dalla burocrazia e dal costo del lavoro. Basti pensare che per ogni euro che do a un mio dipendente ne verso 2,40 allo Stato. L’ho detto sia alla presidente Meloni che ai politici dell’opposizione. Com’è possibile che dalle macerie siamo diventati la quarta potenza mondiale fino poi a perdere tutto? Dalla chimica all’elettronica, ora anche la moda…». Brugola non le manda a dire: «Non sono uno yes man né mi serve in azienda chi mi dica sempre di sì. Cerco persone umili e capaci, ma purtroppo di questi tempi non è facile trovarne. Siamo riscontrando anche qui la tendenza che abbiamo registrato negli Usa, dove dopo il Covid abbiamo subìto un turn over del 100% anche a causa di indennità così alte da indurre le persone a non lavorare. Serve senso di responsabilità, perché se arriviamo con tre ore di ritardo nelle consegne possono chiederci anche 200mila euro di addebito. Fermare la produzione perché manca il personale non è uno scherzo». L’imprenditore ne ha anche per i più giovani: «Quelli di oggi pretendono molto ma poi non sono così disposti a dare. E pensano che lavorare in fabbrica sia da sfigati perché magari uno fa il turno di notte. Non è così: il lavoro va rispettato. Però mi piace citare due ragazzi che possono rappresentare un esempio da cui partire: Jannik Sinner e Angelina Mango. Si vede che sono persone pulite ed educate, due modelli da seguire. La sfida del futuro non la si vince con l’automazione o l’intelligenza artificiale, ma mantenendo le competenze». Uno dei modi per trattenere il personale è sicuramente il welfare: l’azienda ha appena annunciato un bonus per i dipendenti che si traduce in una mensilità extra (lo stipendio entry level è di 1.800 euro netti). «Un altro impegno che ci siamo assunti è quello di ridurre del 70% entro il 2030 le emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera, abbattendo quello che si può abbattere in azienda e piantando 10 ettari di bambù. Un investimento da 1,2 milioni di euro» conclude Jody Brugola. Che non ha ancora accantonato il sogno di diventare attore. E chissà se un giorno potremo vederlo anche sul grande schermo. di Ilaria Cuzzolin

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