I 5 capolavori della storia dell’arte per dire no alla guerra
Sono numerosi i dipinti che, nei secoli, hanno denunciato le atrocità della guerra, tuttavia ce ne sono cinque che, almeno una volta nella vita, devono essere necessariamente visti. Ecco quali.
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I 5 capolavori della storia dell’arte per dire no alla guerra
Sono numerosi i dipinti che, nei secoli, hanno denunciato le atrocità della guerra, tuttavia ce ne sono cinque che, almeno una volta nella vita, devono essere necessariamente visti. Ecco quali.
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I 5 capolavori della storia dell’arte per dire no alla guerra
Sono numerosi i dipinti che, nei secoli, hanno denunciato le atrocità della guerra, tuttavia ce ne sono cinque che, almeno una volta nella vita, devono essere necessariamente visti. Ecco quali.
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Sono numerosi i dipinti che, nei secoli, hanno denunciato le atrocità della guerra, tuttavia ce ne sono cinque che, almeno una volta nella vita, devono essere necessariamente visti. Ecco quali.
Se oggi si usano i social e la tv per protestare contro la guerra, un tempo era l’arte il mezzo con cui dire no a questa barbarie. I pittori erano personaggi influenti – paragonabili agli opinionisti che oggi vediamo in tv nei talk-show – che con la loro arte provavano a far comprendere l’insensatezza della violenza scaturita dagli scontri, fatta di morte, sangue, distruzione.
“Guernica” di Pablo Picasso
La prima opera che viene sicuramente in mente è “Guernica” di Pablo Picasso, diventato nel tempo un vero e proprio manifesto universale contro l’orrore della guerra. Il 26 aprile 1937 – durante la Guerra Civile spagnola – la piccola città spagnola viene bombardata senza pietà e completamente rasa al suolo dalla legione Condor tedesca della Luftwaffe. Nel dipinto, che si trova al Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía di Madrid, l’artista spagnolo mostra in modo unico le conseguenze del bombardamento e lo strazio che ne consegue. Una madre consumata dal dolore che tiene il bambino morto in braccio, un toro (che rappresenta la Spagna offesa), persone disperate, un cavallo urlante. Sono tanti i simboli presenti in quest’opera dove uomini e animali condividono il medesimo destino: la morte. L’assenza di vita si riflette anche nell’assenza di colori: sono presenti, infatti, solo il bianco, il nero e le diverse tonalità di grigio.“Il 3 maggio 1808” di Francisco Goya
Autore di una serie di 82 incisioni chiamata, non a caso, “I Disastri della Guerra”, Francisco Goya mostra episodi di barbarie – uccisioni, stupri, combattimenti, impiccagioni, massacri – che si susseguono con la Guerra d’Indipendenza spagnola. Fra tutti è lui l’artista che, nella storia, ha rappresentato in modo più crudo e reale la guerra. Al centro della sua arte c’è la ragione e la violenza che è, senza dubbio, l’assenza della ragione. “Il 3 Maggio 1808”, la sua opera più conosciuta e visibile al Museo del Prado di Madrid, esprime perfettamente le diverse emozioni che si provano durante un atto incredibilmente feroce: la fucilazione. A destra i soldati francesi che, mostrati di spalle, sembrano tante copie senza umanità; sono sul punto di eseguire gli ordini con una baionetta in mano, ordini di morte. Dall’altra parte, invece, il diverso atteggiamento degli uomini che stanno per essere uccisi, di cui viene mostrato il volto, estremamente simbolico, dove si leggono tutte le emozioni di un condannato a morte:- Sacrificio: l’uomo con la maglietta bianca che si è arreso e alza le braccia, attendendo la sua morte. Vicino a lui, una vittima nella stessa posizione.
- Rabbia: alla sua destra, un altro uomo che, con i pugni chiusi, guarda senza paura il nemico ed è pronto a combattere, anche se sa che la fine è vicina. Si percepiscono chiaramente ostilità, frustrazione e odio.
- Arrendevolezza: l’uomo che si inchina verso terra, sconfortato, e non riesce a reagire.
- Vergogna: alla sinistra dell’uomo con la maglietta bianca si nota una persona che si copre il volto con le mani.
“Volto della guerra” di Salvador Dalì
Come si nota, sono tanti i grandi artisti spagnoli che hanno rappresentato gli orrori della guerra. Anche Salvador Dalì lo fa, a modo suo. L’opera intitolata “Volto della guerra”, realizzata durante la Seconda Guerra Mondiale e che si trova ora nel museo Boijmans Van Beuningen a Rotterdam, mostra il volto della guerra, nel vero senso della parola: un teschio – non identificabile come di uomo o donna – spaventoso ed enorme, che al posto degli occhi e della bocca ha altri teschi che, a loro volta, mostrano al proprio interno altri teschi e così all’infinito. È la rappresentazione degli orrori e delle morti causate dalla guerra. Dietro di lui il paesaggio è deserto, come deserta è la vita spezzata dalla violenza (dis)umana.“La libertà che guida il popolo” di Eugène Delacroix
Una donna – che rappresenta la libertà – sventola con la mano destra alzata la bandiera della Francia; dietro di lei tantissime persone che, di tutte le età e facenti parte di varie classi sociali, unite, la seguono. Sono i rivoluzionari francesi – parigini per la precisione – che si ribellano contro Carlo X nella celebre “Rivoluzione di luglio”. Sotto di loro, nell’opera che si trova nel museo Louvre di Parigi, solo tanti morti e feriti.Arte moderna – Banksy e il bambino che mette il fiore nel fucile del soldato
Al giorno d’oggi sono soprattutto i fotografi e gli inviati di guerra a mostrare e raccontare le crudeltà della guerra. Agli artisti rimane soprattutto il compito di creare opere di protesta o di pace. Un esempio su tutti è Banksy, l’artista di strada celebre in tutto il mondo di cui non si conosce l’identità. I muri di varie città sono “colorati” dalle sue meravigliose e forti creazioni. In un muro a Betlemme si vede un bambino, che rappresenta l’innocenza ed è simbolo di pace, intento a mettere un fiore nel fucile di un soldato. Una scena allegorica che però è quanto basta affinché non ci sia neanche bisogno di spiegare l’opera per comprenderne a pieno il significato. di Filippo MessinaLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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