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ricetta elettronica proroga

Perché la proroga della ricetta elettronica è da festeggiare col broncio

La proroga delle ricette elettroniche ha assolutamente senso. Stiamo attenti però a non perdere il rapporto medico-paziente. Oltre ad avere un valore sociale è utile a non sperperare denaro pubblico con esami spesso non necessari
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Perché la proroga della ricetta elettronica è da festeggiare col broncio

La proroga delle ricette elettroniche ha assolutamente senso. Stiamo attenti però a non perdere il rapporto medico-paziente. Oltre ad avere un valore sociale è utile a non sperperare denaro pubblico con esami spesso non necessari
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Perché la proroga della ricetta elettronica è da festeggiare col broncio

La proroga delle ricette elettroniche ha assolutamente senso. Stiamo attenti però a non perdere il rapporto medico-paziente. Oltre ad avere un valore sociale è utile a non sperperare denaro pubblico con esami spesso non necessari
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La proroga delle ricette elettroniche ha assolutamente senso. Stiamo attenti però a non perdere il rapporto medico-paziente. Oltre ad avere un valore sociale è utile a non sperperare denaro pubblico con esami spesso non necessari
La proroga dell’utilizzo della ricetta elettronica è un qualcosa di cui i cittadini debbono rallegrarsi ma solo in parte. Non che ci fossero particolari dubbi sulla sua continuità, salvo qualche strillone dell’ultima ora che aveva già gridato allo scandalo ancor prima di avere notizie certe. Ormai ci si è così abituati ai vari misunderstanding – voluti e non voluti – che non ci si sorprende nemmeno più nel leggere dichiarazioni così diverse e poco aderenti alla realtà, in cui si è criticato, previsto, promosso leggi ed emendamenti che mai, nemmeno tra le righe,  sono usciti dalla bocca del Governo Meloni come dell’opposizione; una delle ragioni, per cui il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, da quando ha giurato davanti al capo dello stato Sergio Mattarella, non si è mai concesso ai giornalisti limitando i suoi interventi agli speech istituzionali. Tornando alla sopracitata ricetta elettronica, non ci sono dubbi su come questa si sia dimostrata una modalità utilissima durante il Covid per contenere la diffusione del virus, confermandosi nei mesi a venire un aiuto concreto in termini di praticità. Niente più code, studi medici affollati, corse dopo il lavoro.  Anche le persone più in là con gli anni, ora che hanno preso maggior confidenza con le nuove tecnologie – che ormai così tanto nuove, a onor del vero, non sono più – hanno promosso a pieni voti questa modalità di invio. All’occorrenza ci si affida ancora a figli e nipoti che ricevono e stampano la ricetta per genitori e nonni.

E allora perché la proroga della ricetta elettronica è una mezza vittoria?

Perché come sempre accade non sono mancati gli abusi ovvero medici che hanno fatto un uso eccessivo di questo mezzo, trascurando i propri pazienti e il loro bisogno di rapportarsi anche umanamente al professionista.  Non tutti gli esami possono essere prescritti via mail. Va fatta un’anamnesi accurata, la persona va visitata, serve insomma quella che un tempo si chiamava “valutazione medica complessiva”, cosa evidentemente non possibile attraverso uno scritto telematico o la cornetta di un telefono. Ci sono pazienti che non vengono visitati ad anni e che comunque, tutti assieme,  fruttano al professionista, in base all’anzianità, un compenso lordo medio compreso tra i 75mila e i 160mila euro lordi l’anno (fonte Doctolib) Il rapporto assistito-medico di famiglia è andato via via logorandosi,  compromesso da visite sempre più brevi a causa di elenchi di iscritti troppo fitti che non permettono al dottore di dedicarsi al paziente come vorrebbe (o dovrebbe). Non solo: molti medici della mutua andati in pensione non sono mai stati sostituiti. Così in una città come Milano capita che ci siano circoscrizioni scoperte e che il Comune sia costretto, per attirare nuovi professionisti, a mettere all’asta a prezzi ridicoli i piani terra di alcuni edifici di sua proprietà.  La ricetta elettronica ha contribuito a esasperare questo distacco che si tramuta, inevitabilmente, in errori di valutazione. E un esame sbagliato, non necessario, a sua volta si trasforma in un costo inutile per lo Stato andando a incidere sulla spesa pubblica. Moltiplicate questo per migliaia di casi.  I tempi in cui il medico di famiglia veniva a casa e a fine visita si fermava anche per il caffè appartengono ormai alla preistoria. Ora se si vuole scambiare due parole con lui, gli si può sempre scrivere una mail.   

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