Abbiamo sempre più bisogno di “mollichismo”
Vincenzo Mollica ha incantato il palco dei David di Donatello con uno speciale premio. In un mondo di haters c’è sempre più bisogno di “mollichismo”
Abbiamo sempre più bisogno di “mollichismo”
Vincenzo Mollica ha incantato il palco dei David di Donatello con uno speciale premio. In un mondo di haters c’è sempre più bisogno di “mollichismo”
Abbiamo sempre più bisogno di “mollichismo”
Vincenzo Mollica ha incantato il palco dei David di Donatello con uno speciale premio. In un mondo di haters c’è sempre più bisogno di “mollichismo”
Vincenzo Mollica ha incantato il palco dei David di Donatello con uno speciale premio. In un mondo di haters c’è sempre più bisogno di “mollichismo”
Talmente buono da aver trasformato il suo cognome in una cifra stilistica: “il mollichisimo” di Vincenzo Mollica, il critico cinematografico (e non solo) più importante tra quelli che abbiamo ancora il piacere di avere su questa Terra.
Accompagnato ieri sera sul palco dei David di Donatello dalla moglie e da “Mr.Parkinson e Miss.Cecità” (come ha chiamato le malattie che da tempo lo attanagliano) per ritirare il suo premio speciale, ha mostrato quanto e come il corpo possa vacillare senza riuscire ad intaccare la testa. Lucido, divertente, sinceramente grato alla vita e alla sua dedizione giornalistica, ha rubato la scena a tutti con il suo ottimismo sconfinato e il suo bagaglio di professionalità.
In oltre quarant’anni di carriera, ha raccontato il cinema, la letteratura, il fumetto, la tv. Si è reso protagonista (e mai antagonista) delle innovazioni digitali: fu il primo giornalista ad inaugurare nel 2001 il suo sito ufficiale Rai insieme al collega Riccardo Corbò, da cui nacque il libro DoReCiakGulp.
Sul palco, sorretto dalla moglie, ha ricordato gli esordi, quando Lello Bersani gli regalò la sua agenda nel 1988 prima della pensione. “Mi sono copiato i numeri dei vivi e dei morti perché non si sa mai. C’erano i numeri di tutti”, ha detto divertito.
Alla domanda “Cosa ti muove e come ti poni durante le interviste?” la sua risposta è stata più illuminante di pagine di studi: “Mi sveglio la mattina curioso, se non mi sveglio curioso è un casino. Durante un’intervista è importante avere più attenzione per le risposte che le domande. Bisogna saper ascoltare le risposte, capire cosa ti hanno detto e poi raccontare. Altrimenti le interviste non ti vengono mai bene ma sono mosse solo dal tuo narcisismo”.
È la prima volta che un critico riceve un premio ad un festival di cinema. È la prima volta che qualcuno riconosce il merito di una vita dedicata ad una passione, ad un lavoro dietro alle quinte che non è mai marginale ma sempre fondamentale a far muovere una macchina complessa quale è il cinema.
Spesso accusato di eccessivo buonismo, di un utilizzo smodato di complimenti e aggettivi superlativi per descrivere cose e persone (mollichismo, appunto), su quel palco ieri ha dimostrato che c’è una via alternativa all’eccesso di odio e rancore a cui siamo abituati oggigiorno.
Su questo punto disse: “Io non ho mai seguito la corrente, né mai sono andato contro. Più semplicemente, ho ascoltato il consiglio di mia nonna, che di mestiere faceva la fruttivendola: “Ricordati le cose che rimangono, Vincenzino”. Ho raccontato quello che mi piaceva. Quello che non mi piaceva l’ho escluso. Mi hanno criticato per questo. Mi hanno detto che parlavo sempre bene di tutti. Fa parte del gioco. Sicuramente, l’urlo, l’assertività, la ferocia che hanno preso ad andare di moda ultimamente non hanno mai fatto parte del mio alfabeto”.
Abbiamo sempre più bisogno di mollichismo.
di Raffaela Mercurio
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Tag: Cinema, spettacoli
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